Portobello

Portobello

In fondo, è un peccato che il governo Berlusconi se ne sia andato così presto. Dati i tempi grami, non è il caso di sprecare nulla e, a quanto riferiscono i bene informati, negli uffici di palazzo Chigi è rimasto del materiale (due costumi da Brighella, un serie di festoni, cinquanta sacchetti di coriandoli, quattordici cuscini "rumorosi", un set di perizomi, trentasette nasi finti e il cd "Musica do carnaval 1996") che con ogni probabilità finirà inutilizzato.

A parte gli scherzi, un dato è certo: il nuovo governo non ha la faccia del precedente. Non è il solito appunto moralistico: piuttosto, se volete, è un’annotazione lombrosiana. Sta di fatto che la sfilata delle facce del governo Monti non ha punti di contatto con quella dell’esecutivo precedente. La differenza è che ai volti della squadra di Monti manca quella levigatezza, quella rigidità del muscolo risorio tipica degli elementi di provenienza politica, e quindi elettorale, e quindi televisiva. Le persone scelte da Monti hanno carnagioni urbane, epidermidi scolorite dalla penombra di aule e studi, slavate dai neon delle sale-riunioni.

Sarà forse per questa ragione che il nuovo governo, stando ai sondaggi, gode di un robusto consenso tra la gente: succede sempre così quando, in televisione, arriva qualcosa di nuovo e, come dicono i critici, di "fresco". E il governo Monti, a modo suo, gode della simpatia che la gente poco avvezza alle telecamere suscita quando appare sullo schermo. In questo senso, televisivamente parlando, siamo passati dall’"Isola dei Famosi" a "Portobello"

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