Forse sbaglio ma mai, da che ho memoria, la scelta da parte del presidente della Repubblica di uno o più senatori a vita era stata accolta da Paese con altrettanto spregio.
L’annuncio delle nomine di Claudio Abbado, Renzo Piano, Elena Cattaneo e Carlo Rubbia è stato ricevuto dall’ufficialità di commenti moderati celebrativi e da un mormorio popolare fatto di insofferenza, disprezzo e, infine, di esplicita incazzatura.
C’è chi ha letto le nomine come una stampella preventiva offerta al governo Letta, ovvero come un omaggio al centrosinistra ma, credo, i più avranno trovato oltraggiosa quell’espressione - “a vita” - che, di colpo, per editto statale ovvero, come certe decisioni oggi vengono interpretate, per privilegio di casta, sottraggono quattro cittadini dalla mischia per eleggerli alla garantita sicurezza economica a spese, oltretutto, della collettività.
Poco vale, oggi, ricordare come lo Stato faccia ben poco per le eccellenze scientifiche, artistiche e professionali che emergono nel Paese. Ogni giorno ci sono bravi ricercatori, musicisti e architetti che fanno la valigia per trasferirsi all’estero. Con loro se ne va un patrimonio di possibilità , di cultura e ricchezza che la collettività non fa nulla per trattenere: questo, molto più del vitalizio garantito a sei senatori, pesa sul bilancio - fallimentare in termini economici e sociali - della collettività.
Mi rendo conto che è un argomento da poco. La realtà che è gran parte dei cittadini vive su un dirupo, penose anime in un girone dantesco: alcune sono già precipitate nel Flegetonte del precariato, altre sentono il terreno scivolare sotto i piedi.
Che quattro personaggi, illustri quanto si vuole, vengano sottratti alla lotta per la sopravvivenza in virtù di quello che appare come un “capriccio di chi può”, un “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”, finisce per sollevare un moto di popolare indignazione.
“Precari noi, precari tutti” è il grido delle masse. Non mi associo al coro ma ammonisco gli eletti: ora che siete lassù, pagate il vostro debito aiutando chi è rimasto sotto.
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