Prigioni e prigionieri

La Rete è piena di video che, per un motivo o per un altro, dovrebbero esserci d’ispirazione. Questione di pochi secondi e di pochissimi clic e possiamo sentire Martin Luther King pronunciare il suo discorso “I have a dream” o rivedere John Kennedy proclamarsi cittadino di Berlino davanti al muro che spaccava in due la città e divideva l’intero mondo. Altri video proclamano sé stessi fonte d’ispirazione ma sono più che altro promozionali: diffondono credenze, filosofie più o meno fumose, tecniche di “miglioramento personale” che, oltre a illuminarci l’anima le rassodano anche i glutei.

Se però volete vedere un video davvero ispirato e ispirante, senza inseguire guru o riesumare giganti dalla Storia, allora potete rivolgervi al signor Ricky Jackson, immortalato dalle telecamere dei giornalisti subito dopo l’udienza in tribunale che ha annullato la sentenza di condanna per omicidio che lo aveva colpito 39 anni fa.

Per 39 anni Jackson è rimasto in prigione da uomo innocente, prima che un testimone-chiave emergesse e gli restituisse, con la libertà, anche il suo buon nome.

Incarcerato nel 1975 per un delitto non commesso, Jackson è stato liberato a Cleveland, nell’Ohio, dopo un’udienza durata pochi minuti. All’uscita, come era da aspettarsi, si è trovato davanti un fitto cespuglio di microfoni e obiettivi.

Da un uomo ingiustamente “inscatolato” per 39 anni, vittima di accuse false, tradito dal sistema giudiziario del suo paese, sarebbe stato lecito aspettarsi qualche parola amara. Niente affatto: solo parole di felicità e gratitudine per il testimone che lo ha riabilitato e per la vita che, improvvisamente, gli ha offerto un’occasione di riscatto. Una lezione di umanità e saggezza tale da dissipare tutte le nostre piccole e meschine lagnanze, da svergognare il nostro egoismo e ridicolizzare la nostra debolezza. Alla luce di una frase semplice e illuminante nella sua verità: «Anche se sei in prigione, non significa che sei un prigioniero».

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