Jerry Seinfeld, brillante comico e ancor più brillante osservatore di cose quotidiane, ha costruito un esilarante monologo sulla colazione a buffet negli alberghi. Come sempre quando l'umanità si vede presentare qualcosa di apparentemente "a volontà", avvengono le cose più strane.
L'ospite dell'albergo si avventa sul buffet non solo spinto della necessità di fare prima colazione, ma anche di recuperare l'extra pagato per tale privilegio. Il suo piatto si riempie con un assortimento di cibi mai riunito su un singolo desco. "Insalata di patate, mango, bacon, croissant, formaggio cheddar e zuppa di miso: nessuno, al ristorante, si sognerebbe di ordinare una combinazione del genere" fa notare Seinfeld, "in albergo è procedura normale e, anzi, si potrebbe dire che il cliente che ha assemblato tale colazione ha rispettato i limiti di una relativa sobrietà. C'è chi fa di peggio".
Nonostante questa ennesima prova della sua avidità, mai separata dal ridicolo che a ogni passo, come un'ombra, l'accompagna, l'umanità alla prima colazione mostra, secondo me, la sua parte migliore. Gli ospiti dell'albergo si presentano al buffet in assetto approssimativo, raccogliticcio. L'abbigliamento è malcombinato: camicia a fiori, pantaloni della tuta, ciabatte da spiaggia. Le signore mostrano, per un'ora, ciò che il trucco nasconderà per il resto del giorno; gli uomini rinunciano all'alterigia per inchinarsi davanti a piattoni di waffle e uova strapazzate.
Si tratta di un'umanità che ancora non funziona a pieno regime e pertanto un poco indifesa, impacciata. E cosa c'è di meglio di una schiera umana che, per esprimere se stessa, ha bisogno di raccogliere le forze, riflettere sui gesti, rinunciare alla posa dell'orgoglio e alla fatica della superbia? Se solo potessimo mantenere gli uomini sul margine della prima colazione, godemmo di un mondo più semplice ma non meno sofisticato, capace di centellinare saggiamente le energie per riservarle a ciò che è necessario è utile, senza più sciocche concessioni all'enfasi e alla prepotenza.
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