Prima di cambiare

Ricordate di quando avete passato una giornata o giù di lì a compilare il modulo del Censimento? Avete dovuto contare le stanze, i bagni, i figli, le auto, i gatti, i cani, i canarini e i fornelli del gas: tutto quanto. Questo, per partecipare a una grande raccolta di dati tesa a tracciare un ritratto somigliante dell'Italia di oggi.

Ebbene, i primi risultati del Censimento sono finalmente disponibili. A me interessa mostrarvene uno, quello relativo all'età della popolazione.
Dicono i censori (si chiamano così, credo, quelli che fanno il censimento) che quasi il 21 per cento degli italiani ha da 65 anni in su. Molti meno sono i giovanissimi: nella fascia da 0 a 14 anni si colloca solo il 14 per cento della popolazione. In mezzo, una massa difficilmente caratterizzabile (la fascia 15-64 anni va dalla tarda adolescenza alla prima vecchiaia) che rappresenta il restante 65 per cento di tutti noi.

Questi numeri mi sembrano molto interessanti e lo diventano doppiamente qualora si consideri che viviamo in una stagione in cui, da tutte le parti, non si fa altro che parlare di “cambiamento”. Lo si auspica molto, questo “cambiamento”, ma poco si spiega in che cosa consisterebbe, se non in un generico ringiovanimento della classe dirigente, ovvero dei politici. Una tendenza che, in sé, sembrerebbe in contrasto con il progressivo invecchiamento della popolazione. Ma si sa, la gioventù è un mito, viene bene in fotografia e si “vende” molto più facilmente della vecchiaia. Ecco perché essa viene scelta a rappresentare il “cambiamento” di cui tutti sentiamo bisogno. Lo rappresenta, certo, ma potrebbe essere un'illusione, un travestimento, addirittura un inganno. A volte capita di fermarsi come incantati davanti alle parole senza chiedersi che cosa c'è dietro: oggi ci siamo innamorati del “cambiamento” e non stiamo a guardare se è proprio quello che serve a noi o se invece fa gli interessi di qualcun altro.

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