Finalmente la Rai tv ha trovato la maniera più suggestiva di festeggiare i suoi sessant’anni di trasmissioni: una bella lite tra Bruno Vespa e Pippo Baudo. Personalmente, mi sarei entusiasmato all’idea che i due si affrontassero in diretta in una vasca piena di fango ma, purtroppo, il loro senso dello spettacolo in questa occasione è venuto meno ed entrambi hanno preferito affidare i loro strali alla stampa. Motivo della baruffa, il mancato invito di Pippo Baudo alla puntata di “Porta a Porta” dedicata, appunto, ai 60 anni della televisione italiana.
Risentito, il presentatore ha voluto far notare come «Vespa non sia il proprietario della Rai» il che, francamente, per molti di noi rappresenta una sorpresa. Incattivito, il giornalista ha voluto precisare che la sua non è stata una disattenzione: «Baudo non è stato invitato perché durante una riunione per le trasmissioni sui 150 anni dell’Unità d’Italia sputò addosso a Claudio Donat-Cattin, già vicedirettore di Raiuno, il più autorevole tra i nostri collaboratori. L’incidente avvenne davanti a numerosi testimoni e Baudo non si è mai scusato».
Non so voi, mai io leggo queste righe con ammirazione e assoluto divertimento. Ammirazione per la sfacciata, scontata e indisturbata indifferenza dei due protagonisti agli interessi del pubblico: l’episodio riferito da Vespa, per quanto sgradevole, soprattutto per il povero Donat-Cattin, nulla ha che vedere con la completezza di una trasmissione d’informazione come “Porta a Porta”. Se la presenza di Baudo era necessaria a raccontare 60 anni di tv, allora egli doveva essere invitato a dispetto di «incidenti», beghe e mancate scuse che, per il pubblico, non hanno importanza alcuna. Altrimenti, se escludendo Baudo nessuna testimonianza di rilievo è andata perduta, allora il problema non esiste.
L’interesse del pubblico rimane invece in secondo piano: tutto si è trasformato in una questione tra due mature primedonne. Il che, bisogna ammettere, in fondo sintetizza benissimo 6 decenni di tv e almeno altrettanti di storia italiana.
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