Procelloso!

Procelloso!

Bozza per una tragedia greca. PROMETEO ed EFESTO discutono in cima a un’erta rupe. Il CORO introduce le ragioni della disputa: è quella delle genti italiche profonda tragedia o lieve commedia? Prometeo sostiene trattarsi di tragedia; Efesto lo contraddice. Il Coro esce e Prometeo sbotta: «Procelloso!» «Che cavolo dici?» ribatte Efesto. «Non saprei» risponde Prometeo, «ma la parola ’procelloso’ c’è sempre nei testi classici. Adesso che l’abbiamo detta, passiamo oltre».
Efesto, con un ampio gesto, indica la pianura sottostante: «Osserva lo stato delle genti italiche, o Prometeo. Pensa all’inconsistenza dei loro pensieri, alla fragile credibilità delle loro istituzioni, al pressapochismo della loro programmazione economica e dimmi se non si tratta della più pura forma di commedia. Ti prego di considerare, per soprammercato, la punteggiatura nelle dichiarazioni di Capezzone». Risponde Prometeo: «Nomini Capezzone, o furbo Efesto, e credi di aver vinto l’argomento. Mostri ciò che in Italia c’è di buffo e pensi di aver dimostrato la tua tesi. Lasciati dire che laddove abbonda il riso, più impetuose scorreranno le lacrime e dove Panariello passa per un comico, incontrastata incomberà la tragedia». Efesto insiste: «Ti sbagli, amico mio: è solo commedia». Prometeo: «No: è vera tragedia».
Entra una VELINA: «Piantatela, tutti e due. E seguitemi!»
Efesto (seguendola): «Commedia». Prometeo (seguendola): «Tragedia». «No, commedia...» «Tragedia, ti dico...»

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