Prove tecniche per il Grande Romanzo del 2020

Il 2020 entrerà con tutta la sua allegra e tremenda pandemia nei libri di Storia: questo mi sembra fuor di dubbio. Se meriterà un intero capitolo piuttosto che un paragrafo o cinque righe rimane da vedere: dipende in gran parte da ciò che accadrà nel futuro e pertanto, nonostante le pretese di opinionisti, politici, statistici, meteorologi e fattucchieri, non possiamo in tutta onestà accampare certezze.

Ancora prima di entrare nei libri di Storia, il 2020 meriterebbe di diventare un romanzo, anzi un Grande Romanzo. La materia prima c’è, e in abbondanza. Bisogna però trovare l’autore in grado di collocare in una trama verosimile e in un’atmosfera di opportuno effetto evocativo i personaggi più svariati e singolari che, in queste settimane, ancora liberi da vincoli letterari, scorrazzano sotto i nostri occhi: virologi mascelluti, politici opportunisti e sgomenti, sedicenti imprenditori privi del senso del ridicolo, commissari speciali molto ordinari, esperti improvvisati, caporioni improbabilissimi e, a chiudere il corteo, come tradizione, nani e ballerine, non da oggi la componente più seria e affidabile della compagnia bella.

Il romanzo del 2020, prima di arrivare in libreria e, di conseguenza, nelle grinfie di Marzullo, dovrebbe scongiurare alcuni pericoli che potrebbero comprometterne da subito la tenuta e la sostanza. Non potrà essere un romanzo “instant”, tanto per cominciare, se non altro perché sarebbe nell’impossibilità di offrire un finale di valore storico se non definitivo quantomeno solido. E neppure ci aspetteremmo un testo al servizio di una serie tv perché, al contrario, potrebbe essere tentato di scriverla lui, la Storia, sulla base di esigenze spettacolari e di suspence. Spiace dirlo, ma l’autore non dovrà essere un medico, o un malato pervenuto a guarigione, un ricercatore di laboratorio e neppure un infermiere o un giornalista: ci ritroveremmo per le mani un racconto forse non privo di interesse ma ancorato a una prospettiva, ancora una volta, fatta di cronaca e sentimento, una combinazione difficile da dosare in letteratura.

L’autore dovrebbe essere invece uno scrittore come quelli di una volta, e anche come quelli di adesso, quando davvero fanno gli scrittori. Gente che ha eletto la scrittura a proprio strumento di ricerca e che non si limita a raccontare (anche se è indispensabile che lo faccia) ma traduce, ovvero trasforma, le cose in parole, con una catalisi assoluta, come indotta dalla pietra filosofale, per cui il 2020 non sia nel romanzo, ma diventi il romanzo stesso, e quindi abbia una voce, un corpo, conosca una parabola naturale e trascendente insieme.

Un testo insomma che stia tra la cronaca (i fatti mentre accadono) e la Storia (i fatti dopo che sono accaduti inquadrati nel contesto che li ha determinati) per consegnarci, senza farsi intrappolare in un genere definito, un ritratto nel quale i contemporanei del 2020 potranno riconoscere, tramite la misteriosa empatia sollecitata dalla scrittura, i nuvoloni d’ansia che hanno attraversato e le pozzanghere di ridicolo in cui sono scivolati, e che i posteri potranno scoprire e apprezzare per l’occasione a essi offerta di vivere per interposta sensibilità una stagione che comunque avrà finito per condizionarli e che, evocata dalla lettura, li lascerà un po’ più liberi e sapienti senza per questo far loro la morale.

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