Quindici secondi

Noi tutti pensiamo di conoscere la realtà ma verità è che non la conosciamo affatto. Non è che la realtà sia avara di indizi sulla sua vera natura: se c’è una cosa non avara di sé, per nulla elusiva, possiamo dire che è proprio la realtà. Sono i nostri occhi a non vederla. O meglio, sono i nostri occhi a selezionare la parte di realtà che desiderano vedere e a mettere da parte tutto il resto.

Facciamo un esempio, banalissimo. Come molti fanno, ormai quasi tutti, anch’io ogni giorno consulto la mia bella selezione di siti dedicati all’informazione: inutile farvi i nomi, sono quelli dei quotidiani nazionali a più larga diffusione, in più ci aggiungo qualche testata meno nota ma interessante, a mio avviso, per qualità dei commenti, spessore delle inchieste e numero di veline in costume da bagno.

Ognuno di questi siti offre, ogni giorno, un bouquet di video ai quali accedere. Si tratta, di solito, di roba emozionale: gesti sportivi particolarmente spettacolari, incidenti buffi o drammatici capitati sotto l’occhio di una telecamera, filmati realizzati dalle forze nell’ordine nel corso di una qualche inchiesta. Se invitati a descrivere l’esperienza di “vedere un video online”, tutti noi riferiremmo giudiziosamente il contenuto del video stesso e, semmai, daremmo qualche indicazione sull’indirizzo web al quale raggiungerlo.

Si tratta ovviamente di una descrizione parziale al punto da essere falsa. Accedendo al video, non vediamo affatto il video stesso: per prima cosa vediamo uno spot di 15 secondi: automobili, assicurazioni, pannolini e film di prima visione. Ma questi 15 secondi, nell’esperienza riferita, vengono cancellati, rimossi, neppure considerati degni di memoria. Eppure non c’è sensazione più tipica e specifica che appartenga all’uomo contemporaneo di quella, nevrotica, eccitante e insulsa insieme che lo pervade mentre guarda le immagini di un deodorante aspettando di vedere il cadavere di un talebano.

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