Riforme balneari

Anche a chi frequenta il giornalismo da lunga data e con competenza certe cose riescono incomprensibili. Figurarsi a uno come me: sulla lunga data posso dire il fatto mio, ma in quanto a competenza proprio non ci siamo.

A essere impenetrabile è la ragione per cui i fotografi scattano immagini dei politici in spiaggia, i giornali le comprano e le pubblicano e i lettori le guardano. La civiltà dell’immagine, governata con polso fermo da Re Photoshop I, offre legioni di bellezze praticamente perfette che, laddove in origine non fossero perfette, vengono rapidamente perfezionate al computer. Noi, invece, ci tuffiamo a guardare un ministro per le Riforme in bikini e alcuni arrivano a suggerire che siccome si occupa di aggiustamenti costituzionali, sarebbe il caso provvedesse a una riscrittura più asciutta degli articoli 1 e 2 del suo lato posteriore. È una fortuna, tra l’altro, che io non sia impiegato in qualità di guardaspiaggia.

L’altro giorno ho visto in un giornale la sequenza fotografica di quello che, all’apparenza, era un mostro marino approdato sul bagnasciuga. Una creatura dal profilo oblungo ma irregolare: flaccide intumescenze protendevano dal tronco centrale mentre sottili tentacoli - senza dubbio prensili - si allungavano in movenze goffe e sofferenti. A tale vista, io avrei chiamato la guardia costiera, i vigili del fuoco e il museo di storia naturale. Un pandemonio per nulla: la creatura marina altri non era che Gianfranco Fini. Sarebbe stato sufficiente chiamare la casa di riposo e tutto sarebbe finito lì.

Credo che l’unica spiegazione possibile di questo accanimento istituzional- balneare sia l’abitudine. Qualunque personaggio - Gasparri compreso - servito ogni giorno sul tavolo mediatico diventa oggetto di curiosità, ironia e perfino desiderio. Non so quale sia il nome tecnico per l’eccitazione sessuale in presenza di un sottosegretario, ma sono certo che esiste. Sepolto in qualche antico testo di frenologia e trattamento della demenza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA