Cerca che ti cerca, finalmente abbiamo trovato un Paese in cui la politica reagisce alla satira e all’umorismo come, se non peggio, dell’Italia: il Venezuela. Questo Paese sudamericano è in sostanza noto per due evidenti caratteristiche: la produzione sovrabbondante di Miss Universo – che però non di rado fanno una brutta fine – e una generosità non inferiore nel consegnare al mondo leader quantomeno bizzarri. Tutti ricorderanno lo scomparso Hugo Chavez, che si fece il segno della croce dopo aver preso il posto, al podio delle Nazioni unite, di George W. Bush; ora emerge il suo successore: Nicolas “Mango” Maduro. Il nomignolo di “Mango” gli deriva dal frutto che, nello scorso aprile, gli fu scagliato in testa da una manifestante: lui, abilmente, trasformò l’episodio in pubblicità regalando alla donna una casa.
Grazioso e furbo quando entra in collisione con un mango, Maduro non è altrettanto tenero con chi gli tira battute e prese in giro. In Venezuela i comici vengono presi di mira e spesso multati per uscite spiritose e accenni di satira politica. Le multe si possono anche sopportare, direte voi, ma sta di fatto che i comici multati trovano poi difficile proseguire nella carriera: non ci sono locali disposti a scritturarli e la tv chiude loro la porta in faccia.
Preoccupato come sono per i comici del Venezuela, è però la questione del rapporto tra politica e umorismo che mi sta a cuore. A parte i casi estremi, e tragici, come Italia e Venezuela, non c’è Paese al mondo in cui chi comanda sia anche spiritoso: al massimo fa buon viso a cattivo gioco o, addirittura, arriva a proporre qualche battuta fatta scrivere a un comico-ombra. Nessun politico mi è mai sembrato genuinamente spiritoso: tagliente, sì, acuto, sarcastico e perfino ironico, questo è capitato. Spiritoso, mai. Lo humour impone un grado di autocritica che la politica non conosce e, anzi, bandisce come pericoloso veleno. L’autorità non ride: al massimo sogghigna e non è mai un bel vedere.
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