Ritorno a Genova

Ritorno a Genova

Quando leggi, come ieri è capitato a me e a molti altri, che dieci anni sono passati e dissolti da quel caldo giugno in cui Genova divenne un inferno, il primo pensiero che passa per la testa è un pensiero collaterale: non ci posso credere che dieci anni si siano consumati così in fretta. Il secondo, però, arriva dritto alla questione e si ingegna a sfruttare il triste anniversario per ciò che realmente può valere: un decennio dopo, siamo ancora quelli di allora?
Vale dunque la pena chiedersi come esattamente eravamo per poi fare il paragone. Se ricordo bene – e non posso non ricordare bene – eravamo divisi su tutto, portatori insani di odio assoluto e incapaci di leggere i fatti se non attraverso uno schieramento ideologico e mentale degno della più martellante propaganda. Oggi però, quando almeno un poco di chiarezza è stata fatta, quando la giustizia, per esempio, ha riconosciuto che nell'assalto alla scuola Diaz ci fu almeno altrettanta carica criminale che nei furiosi assalti alle forze dell'ordine orchestrati da una parte dei manifestanti, oggi, dicevo, che non serve più, almeno per il momento, piegare i fatti alle rispettive esigenze politiche, elettorali o addirittura culturali, oggi, insomma, che l'estate echeggia un po' meno del suono delle sirene, siamo cresciuti almeno un tantino? Siamo cittadini più evoluti? Siamo consapevoli delle responsabilità delegate da una divisa? Speriamo di sì, altrimenti prima o poi le nostre miserie torneranno a Genova.

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