Per il viaggio di cui, qui e là, vi ho raccontato e che ormai volge al termine, mi sono servito di una compagnia aerea la quale, come molte altre compagnie, offre un singolare servizio: invia un messaggio sms e un’e-mail a poche ore dal volo. "Gentile cliente, le ricordiamo che il suo volo partirà alle ore tali dall’aeroporto tale".
Grazie infinite per il pensiero, ma devo puntualizzare che, per me, un viaggio è ancora un appuntamento di rilevanza singolare, per il quale non è necessario alcun richiamo dell’ultimo minuto.
Immagino che nel mondo della globalizzazione ci sia gente impegnata al punto da dover consultare il cellulare piuttosto che il computer per ricordarsi se, domani, dovrà essere a Madrid o a Katmandu. Nel mio caso, non è necessario: i viaggi ancora rappresentano qualcosa di straordinario e vagamente epocale. Non credo che Marco Polo avesse bisogno di un sms per ricordarsi di partire per l’Oriente e, nel mio piccolo, neppure io avverto la stessa esigenza. Per me, il viaggiare si porta ancora appresso quel faticoso e provinciale impegno del preparare la valigia, del chiuderla per poi riaprirla quando ci si accorge di aver dimenticato qualcosa di fondamentale, un oggetto la cui assenza renderebbe la nostra vita in terra straniera un poco più complicata. Soprattutto, un viaggio rappresenta ancora un tuffo nell’aspettativa, se non nell’avventura, e il ritorno ancora riesce a mescolare i sapori, apparentemente incompatibili, della dolcezza e del dolore.
Grazie infinite per il pensiero, ma devo puntualizzare che, per me, un viaggio è ancora un appuntamento di rilevanza singolare, per il quale non è necessario alcun richiamo dell’ultimo minuto.
Immagino che nel mondo della globalizzazione ci sia gente impegnata al punto da dover consultare il cellulare piuttosto che il computer per ricordarsi se, domani, dovrà essere a Madrid o a Katmandu. Nel mio caso, non è necessario: i viaggi ancora rappresentano qualcosa di straordinario e vagamente epocale. Non credo che Marco Polo avesse bisogno di un sms per ricordarsi di partire per l’Oriente e, nel mio piccolo, neppure io avverto la stessa esigenza. Per me, il viaggiare si porta ancora appresso quel faticoso e provinciale impegno del preparare la valigia, del chiuderla per poi riaprirla quando ci si accorge di aver dimenticato qualcosa di fondamentale, un oggetto la cui assenza renderebbe la nostra vita in terra straniera un poco più complicata. Soprattutto, un viaggio rappresenta ancora un tuffo nell’aspettativa, se non nell’avventura, e il ritorno ancora riesce a mescolare i sapori, apparentemente incompatibili, della dolcezza e del dolore.
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