Il grande Achille Campanile dedicò un memorabile bozzetto umoristico alle seppie con i piselli. Faceva notare, Campanile, come le seppie e i piselli provenissero da mondi lontanissimi e che, prima di finire in padella insieme, non c'era alcuna circostanza immaginabile per cui le loro strade potessero incrociarsi. Le seppie, prima di essere pescate, appartengono alle profondità marine; i piselli, prima di essere colti, risiedono in sonnacchiosi orti di periferia o in campagna. Nonostante ciò, una volta uniti, costituiscono una combinazione gastronomica collaudata e gustosa.
Campanile aveva ragione: si può venire da ambienti lontanissimi eppure dimostrarsi perfettamente compatibili. Lo stesso efficace quanto improbabile accoppiamento funziona anche, ho notato, con Twitter e la parlata romanesca. Anche qui: le distanze sono abissali. Dalla Silicon Valley a Trastevere ci sono migliaia di chilometri, senza contare le vertiginose differenze culturali e intellettuali. Eppure, metti insieme Twitter e il romanesco e il gioco è fatto. Invito tutti ad andare in Rete e cercare “tweet” di espressione romana. L'ironia diventa irresistibile, il disincanto magico, la vena realista e sorniona impagabile. So di alcuni lombardissimi che non possono sopportare l'accento della Capitale: sono convinto però che anche loro dovranno ammettere come l'accoppiamento sia azzeccato. Capita che non ci piaccia la trippa, ma con i fagioli la faccenda a volte assume un aspetto diverso.
Altre dialetti e altre inflessioni sono efficacissime, lo sappiamo tutti. Il milanese abrasivo, il napoletano vivace o sonnolento, il siciliano dignitoso ed esplosivo: tutte queste parlate sono capaci di conferire alle frasi coloriture straordinarie. Ma su Twitter funziona il romanesco: in 140 caratteri il rischio di pesantezza si attenua, la battuta si fa affilata, il sogghigno diventa insistito al punto giusto. Bisognerebbe brevettare la scoperta e trovare il modo di renderla redditizia. Intanto, ecco l'hashtag: #ahò.
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