Rottami

Rottami

Avrei piacere, se posso così esprimermi, che la smettessero di rottamarsi l’un l’altro perché con questa faccenda hanno un tantino rotto i cosiddetti. Spiace dirlo, perché è qualunquista, ma alla fine non hanno ancora rottamato nessuno salvo, forse, quel tal Veltroni che, a ben vedere, si è rottamato da solo.

Dunque la piantassero di parlare di rottamazioni politiche e, se proprio ci tengono, le facessero davvero. Dopo tutto, la cosa ci riguarda fino a un certo punto perché noialtri, pur nel vago desiderio di non rivedere più le solite facce, abbiamo solo il compito di andare a votare e se i partiti vogliono vincere le elezioni sarà nel loro interesse provvedere a fare qualcosa di concreto.

Suggerisco di smettere di parlare di rottamazione perché, se nessuno ci ha fatto caso, i rottami hanno un loro fascino e non vorrei che chi sarebbe meglio definire "vecchi arnesi della politica" finisse per trarne vantaggio.
Da ragazzino pochi luoghi esercitavano su di me e sui miei coetanei altrettanta attrazione del deposito dei rottami. Non si vedevano democristiani buttati al macero, da quelle parti, e neppure comunisti dismessi. Piuttosto, era il regno della ruggine e del grasso per macchine, dei frigoriferi in disarmo, delle cucine economiche giunte all’ultimo respiro e di mille altri congegni, apparecchi, motori, ingranaggi, telai e viterie che, scartati dal mondo adulto, si riguadagnavano un’inconsapevole stima in noi ragazzi: quanto avremmo voluto portarci a casa un pistone ricordo, una carrucola omaggio, una ruota in regalo! Ce lo impediva il rottamaio (allora non ancora "rottamatore") il quale, appena annusava la presenza della ragazzaglia, usciva urlando: «Andate via! Giù le mani dalla mia roba!» Adesso che ci penso, un po’ assomigliava a Bersani.

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