Rugby e poesia

Sto per ficcarmi nei guai. Ne sono consapevole. Basterebbe un secondo per ritirarmi su rive più sicure e imbastire un commento che possa divertire o interessare, senza per questo offendere. Non ce la faccio: m’attira l’indicibile e, oggi, l’indicibile è questo: non capisco l’entusiasmo per i mondiali di rugby.

Ecco: odiatemi pure. So che tanta gente ama il rugby, ne esalta i valori e ne difende lo spirito cavalleresco, spesso mettendolo in contrasto con la popolarità enfiata del calcio, la violenza che sobbolle in certe frange del tifo, la superficialità da divette dei campioni, il marcio che ne corrode le istituzioni. Il rugby, al contrario, affratella sugli spalti e in campo. È uno sport dove il fair play diventa palpabile e in cui il confronto fisico è prova di forza e tenacia, non di aggressione e prepotenza.

Tutto vero. Ciò detto, sento il bisogno di aggiungere che, purtroppo, non si ama uno sport perché è onesto e leale, così come non si idolatrano i campioni perché s’abbracciano tra loro a fine partita. Posso ammirarli per questo, e misurare con malinconia la distanza morale che li separa da certi mezzi uomini del pallone, ma l’ammirazione non è passione, la stima non è coinvolgimento. Credo che il rugby dovrebbe essere insegnato a scuola – e la Federazione ha dei programmi specifici – ma non mi aspetto che possa inchiodarmi in poltrona.

Quegli atleti che vedo sul campo parlano – ovvero giocano – un linguaggio che non comprendo. Del calcio, ma anche del basket e del tennis, afferro la lingua sottesa: colgo la grazia del gesto, il guizzo intellettivo ancor prima che fisico dietro una mossa, l’applicazione necessaria a forgiare un talento. Il rugby, per me, in questo è ancora muto. Arrivo a sospettare, in tanti che oggi si appassionano, l’innamoramento per il suono di una lingua e non per il significante, ancora incomprensibile, che essa convoglia. Forse è solo questione di tempo: nel momento in cui una meta mi farà saltare in piedi, senza che io sappia o voglia sapere perché, avrò compreso la poesia del rugby.

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