Dei supplementi alimentari forniti dall'Esercito ricordo, risalendo con la memoria fino ai lontani anni della mia naja alpina, due cose: 1) la tavoletta di cioccolato fondente, durissima e buonissima, avvolta in stagnola e carta marronicina, senz'altri svolazzi se non un paio di scritte comunque sobrie, "Esercito Italiano" e "Cioccolato" (quest'ultima provvidenzialmente impediva che i soldati scambiassero la tavoletta per gli scarponi o per il fucile semi-automatico), e 2) la bustina del "cordiale". Essa consisteva in un sacchetto di plastica trasparente, distribuito in due versioni, chiara e ambrata a seconda del colore del liquido contenuto. Il quale liquido era il "cordiale" di cui sopra, un liquore che veniva fornito a scopo medicamentoso prima dei turni di guardia al freddo. Dilatando le nostre (allora) giovani arterie, il "cordiale" provocava una sensazione di calore. Gli alpini se lo autosomministravano quando faceva molto freddo e, a scopo precauzionale, anche quando non faceva freddo per niente: non si poteva mai sapere e dovere di un soldato è farsi trovare sempre termicamente a posto in caso di attacco alla Patria.
Ora apprendo che all'estero, e in particolare in America, l'Esercito provvede a un'offerta ben più ampia di cibo. Anzi, secondo un libro firmato da Anastacia Marx de Salcedo, le Forze armate sarebbero una sorta di laboratorio sperimentale per l'ideazione, la confezione e il collaudo di cibo conservato. La ragione per cui l'America - e non solo l'America - si ritrova tanto cicciona è che i cibi così sperimentati passano presto al circuito commerciale e vengono pertanto proposti al pubblico, alle persone come me e voi, le quali li ingurgitano senza che poi una guerra offra loro l'occasione di smaltire le calorie accumulate. Insomma, come tanta tecnologia che impieghiamo nella vita di tutti i giorni ha origine militare, anche il cibo conservato nasce a scopo bellico. Una ragione in più per preferire quello fresco: sano e pacifista.
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