Si chiama Cipa, sigla di “Congenital insensitivity to pain with anhidrosis”, ed è una malattia temibile quanto, per fortuna, rara, che colpisce il sistema nervoso. Chi ne è affetto non può sentire dolore né avvertire, sulla pelle, le sensazioni di caldo e di freddo.
Una malattia che ci mette al riparo dal dolore fisico sembra sulle prime quasi desiderabile, ma emergono subito all’evidenza alcune tremende controindicazioni. Su tutte, l’incapacità di riconoscere in se stessi l’insorgenza di malattie e la presenza di traumi. Senza il ricorso a particolari protezioni, i malati di Cipa incorrono in ogni sorta di incidenti: c’è il caso di chi si è masticato la lingua con perfetta imperturbabilità.
Una malattia terribile ma, come detto,piuttosto rara. Almeno fino a oggi perché nel prossimo futuro molti di noi, in un certo senso, potrebbero avvicinarsi alla condizione di chi ne è afflitto.
Dichiaro subito si tratta di un paradosso di mia invenzione. Nasce però da una notizia vera: gli scienziati sono incappati in una molecola che potrebbe portare alla sintesi di una nuova generazione di antidolorifici.
Oggi, i più potenti farmaci che contrastano il dolore sono derivati dall’oppio, il che comporta il rischio di assuefazione e induce dunque a particolare misura nella somministrazione. La nuova molecola non ha questo effetto: “uccide” il dolore, e basta.
I laboratori sono ancora ben lontani dall’essere in grado di sfruttarla per realizzare un farmaco ma gli esperti dicono che la strada è tracciata. Ciò che troveremo in fondo alla medesima, sta a noi immaginarlo: un’esistenza in cui la capacità di sopportare il dolore non è più necessaria e dunque non più coltivata. D’altra parte, anche la liberazione da una schiavitù nata con l’uomo, la neutralizzazione di un nemico che, attaccando il fisico, spesso distrugge lo spirito. Per gli uomini del futuro, l’ennesima sfida a usare ragione e misura. Saranno dolori.
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