Scommessa mondiale

Mancano poco più di tre ore alla finalissima quando raggiungo la signora Malinpeggio sulla sua panchina.

«Buongiorno, signora. Le va di fare una scommessa? Sono convinto che, perfino lei, maestra indiscussa di pessimismo, non è in grado di trovare una sola nota negativa in questi Mondiali di calcio. Mi riferisco alla manifestazione nel suo complesso, non alle sorti delle singole squadre. Capisco bene che, volendo scendere nel dettaglio, un indizio di pessimismo lo si sarebbe potuto trovare nella pupilla di Paletta, ma non trova che, in generale, l’atmosfera sia stata festosa e rilassata, divertente e pacifica? Scommetto che non sarà in grado di trovare neppure un lato negativo in tutto questo mese di partite e spensierate discussioni»

«Che cosa mi dice di Paola Ferrari?»

«D’accordo. Ma, via, non vorremo identificare tutto il Mondiale con lei?»

«Caressa?»

«Anche qui, le mie condoglianze. Però vale lo stesso discorso».

«Non le sembra ragione di pessimismo il fatto che il giocatore attorno al quale si è costruita tutta la baracca - Neymar da Silva Santos Júnior – si sia rotto poco prima delle partite più importanti?»

«Onestamente, no. Fa parte del gioco. Una disdetta per lui e per i brasiliani, non per lo spirito internazionale dell’intera manifestazione. E poi, diciamocelo, una storia di vita da cui trarre una morale, un insegnamento, una filosofia».

«Che sarebbe?»

«Mai dare le spalle a uno che si chiama Zuniga».

«E della traversa colta da Mauricio Pinilla in Brasile-Cile? Non è l’immagine perfetta dei nostri sogni che si infrangono contro la realtà?».

«Dal punto di vista brasiliano, è invece la sorte che aiuta l’entusiasmo e la fantasia».

«Vedo che si è preparato. Ma la scommessa la vinco io. E sa come?»

«No».

«Chiedendole questo. Come mai, se è un Mondiale, alla fine vince sempre un Paese solo?»

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