Sconti

Sconti

Come accade ormai sei giorni alla settimana, anche sabato mattina ho liberato la cassetta delle lettere da tutti i fogli pubblicitari che qualche ignoto addetto le aveva fatto ingurgitare nelle ore precedenti. Ammetto di aver gettato solo un'occhiata distratta all'inutile materiale propagandistico: quanto basta per cogliere un generale ragguaglio circa offerte speciali di vario genere e, soprattutto, sconti. Sconti del 10, del 20 e perfino del 60 per cento. Ho avuto l'impressione che senza la spesa per far stampare i volantini (oppure dirottandone parte sui giornali, cosa molto più saggia), supermercati e affini avrebbero potuto applicare sconti anche maggiori.

Il punto è: ormai si può sempre contare su uno sconto. Preciso: si può talmente contare su uno sconto che, in pratica, non si può più farci conto. Spiego: se lo sconto è applicato in modo sistematico, esteso e uniforme, esso non è più uno sconto perché non c'è prezzo di riferimento cui paragonarlo. Segno della crisi, senza dubbio, ma la moltiplicazione dello sconto assomiglia un poco al vorticoso effetto svalutazione nel quale si avvitano le monete in crisi: i numeri, alla fine, perdono di senso. Propongo ufficialmente, dunque, un taglio degli sconti. O meglio, propongo che si diano per acquisite riduzioni del 10 o addirittura del 20 per cento. A scontare per davvero, si parte da lì: una merce scontata del 10 per cento sarà in realtà, rispetto ai parametri attuali, deprezzata del 30, solo che il 20 lo avremo già dato per... scontato.

Vi chiederete, a che serve questa delirante complicazione? A riguadagnare, io credo, un poco di rispetto verso noi stessi: potremo credere che, invece di averci preso per i fondelli al 30 per cento, avranno abusato della nostra credulità solo per un modesto 10. Ed è tutta un'altra cosa.

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