Scritto nelle stelle

Devo confessarlo: non ho fiducia nell’astrologia. Detto in altre parole: razionalmente, non ci credo. Questo non significa che, se mi capita sotto gli occhi un oroscopo, rinunci a leggerlo. Non solo lo leggo, ma come per tutte le cose scritte o pronunciate con tono autorevole, con un piglio di certezza e di saggia previdenza, finisco, se non per crederci, per lo meno per esserne influenzato: se l’oroscopo è favorevole (e quasi sempre lo è: perché gli astrologi dovrebbero dispiacere i loro seguaci?) germoglia una piccola speranza, se è negativo, resta l’ombra di un’inquietudine.

Ho notato che la stessa cosa mi accade nel sentire le quotidiane esternazioni provenienti dal mondo politico. La ragione mi dice che non dovrei prestare ascolto a Gasparri, come se sapesse ciò che dice e, allo stesso modo, l’intelletto potrebbe ben suggerirmi di non considerare gli scritti di Barbacetto alla stregua dei testi classici: tuttavia, sarà l’abitudine, sarà per un’innata propensione alla servitù, non riesco a impedirmi di pensare, almeno per qualche istante, che, per esempio, Giovanardi qualche volta potrebbe avere ragione.

In mio soccorso arriva un popolare "blog", chiamato "Freakonomics", il quale, dall’America, rilancia spesso opinioni di sano cinismo. Recentemente ha diffuso un "podcast" - un programma registrato -  nel quale, sotto il titolo "We, the sheeple" ("Noi, i pecoroni"), ci si chiede perché la gente continui, tutto sommato, a dar retta alla politica e ai capipopolo in generale. La risposta, in sintesi, è: i cittadini ascoltano i politici perché questi hanno sviluppato un talento per dire alla gente ciò che vuol sentirsi dire.

Un po’ come gli oroscopi, a ben vedere, compilati per assecondare, piuttosto che per avversare, per blandire, piuttosto che per criticare. Tenuto questo in mente, ci penserò bene prima di dare il voto a un politico. Almeno, vorrò sapere il suo ascendente.

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