Scudi umani

Scudi umani

Possiamo lamentarci, e a ragione, di come vanno le cose, delle tasse aumentate e delle garanzie diminuite, del precariato e della pensione più lontana, del debito pubblico e di quello privato, delle banche locali e di quelle internazionali, ma di una cosa non possiamo lamentarci: di non vivere nella Corea del Nord.

Abbiamo letto, nei nostri giornali, gli ammonimenti della politica, o forse sarebbe più giusto dire delle istituzioni: sono tempi difficili, occorre fare sacrifici. Nessuno, però, ci ha ancora chiesto di prestarci alla poco rassicurante attività di «scudi umani». Lo hanno fatto invece i leader nordcoreani, in un editoriale apparso all’unisono nei tre quotidiani nazionali: «L’intero Partito, l’intero Esercito e tutto il popolo dovrebbero avere la ferma convinzione che dovranno diventare scudi umani per difendere Kim Jong Un dalla morte». Questo l’appello, scarno e senza aggiunte: non si dice per esempio, chi minaccerebbe Kim Jong Un al punto da costringerlo a certe drastiche precauzioni. Possiamo solo pensare che il dittatore orientale abbia i suoi buoni motivi.

Vien da chiedersi cosa trattenga i nostri leader dall’avanzare una richiesta analoga. Pudore? Certo che no. Senso del ridicolo? Ne sono sprovvisti. La ragione più probabile è che la condivisa rassegnazione al malaffare, l’indignazione conformista, la malcelata invidia e il tarlo dell’ambizione, ci fanno già un po’ tutti scudi umani l’uno dell’altro.

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