Ora, non vorrei proprio assumermi la parte di chi spacca il capello in quattro, ma quando leggo, come mi è capitato in questi giorni, del «primo giorno di scuola», la tentazione di precisare, di distinguere e di introdurre, diciamo così, un punto di vista parallelo, si fa impellente. Se poi consideriamo che dispongo di uno spazio quotidiano a caratteri di stampa, il gioco è fatto.
Sul «primo giorno di scuola» vorrei proporre una considerazione molto semplice: il primo giorno di scuola non è il giorno in cui incomincia la scuola. Mi rendo conto che, a prima vista, si tratta di una considerazione difficile da digerire. Per riuscirci, occorre tornare con la mente ai primi giorni di scuola da noi tutti vissuti in passato.
Tutto si può dire del primo giorno di scuola, e anche di quelli immediatamente successivi, tranne che sia un giorno perfettamente rappresentativo della scuola considerata nel suo complesso. Laddove la scuola è, in sintesi, un affastellarsi di settimane pressoché uguali l’una all’altra - tutte imperniate sul medesimo programma orario -, nei primi giorni questo meccanismo ripetitivo è ancora sopraffatto dalla novità. Nuova aula, nuovi insegnanti, nuove materie, nuovi libri, nuovo diario e in qualche caso anche nuovi compagni di classe. Tutto ciò costituisce, nell’insieme, una distrazione troppo forte, perché la scuola vera e propria, con i suoi riti, i suoi inevitabili vuoti, i suoi prevedibili climax, abbia preso il controllo.
È difficile stabilire con esattezza quando, ma un giorno, durante una lezione, la routine si sarà stabilita, la voce del professore sarà diventata una specie di ronzio, il compagno al vostro fianco sembrerà un’immobile montagna sonnecchiante e il diario, sul banco, vi apparirà logoro e sbrindellato: ecco, in quel momento, e in quel momento soltanto, la scuola sarà veramente incominciata.
Sul «primo giorno di scuola» vorrei proporre una considerazione molto semplice: il primo giorno di scuola non è il giorno in cui incomincia la scuola. Mi rendo conto che, a prima vista, si tratta di una considerazione difficile da digerire. Per riuscirci, occorre tornare con la mente ai primi giorni di scuola da noi tutti vissuti in passato.
Tutto si può dire del primo giorno di scuola, e anche di quelli immediatamente successivi, tranne che sia un giorno perfettamente rappresentativo della scuola considerata nel suo complesso. Laddove la scuola è, in sintesi, un affastellarsi di settimane pressoché uguali l’una all’altra - tutte imperniate sul medesimo programma orario -, nei primi giorni questo meccanismo ripetitivo è ancora sopraffatto dalla novità. Nuova aula, nuovi insegnanti, nuove materie, nuovi libri, nuovo diario e in qualche caso anche nuovi compagni di classe. Tutto ciò costituisce, nell’insieme, una distrazione troppo forte, perché la scuola vera e propria, con i suoi riti, i suoi inevitabili vuoti, i suoi prevedibili climax, abbia preso il controllo.
È difficile stabilire con esattezza quando, ma un giorno, durante una lezione, la routine si sarà stabilita, la voce del professore sarà diventata una specie di ronzio, il compagno al vostro fianco sembrerà un’immobile montagna sonnecchiante e il diario, sul banco, vi apparirà logoro e sbrindellato: ecco, in quel momento, e in quel momento soltanto, la scuola sarà veramente incominciata.
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