Ieri era lunedì e come tutti i lunedì le amate bacheche dei nostri profili Facebook si sono riempite di post lamentosi come le facce degli adolescenti si riempiono di brufoli. Per carità, si tratta di onesti - anche se non sempre raffinatissimi - tentativi di esorcizzare l’annunciata fatica di una nuova settimana. In un post si vede la faccia (solo quella) di Rocco Siffredi che annuncia: «Oggi è lunedì. Tenete duro». In un altro il gattone Garfield fa il filosofo: «Guarda il lato buono... almeno il lunedì viene una volta a settimana». In un terzo si tira in ballo - ironicamente - Matteo Renzi: «State sereni italiani - gli fanno dire -, anche oggi è lunedì».
Ma, posto che i giorni sono convenzioni e che le convenzioni hanno poco o nessun senso al di fuori dell’utilità pratica, è possibile stabilire, non dico scientificamente ma con una certa attendibilità, quale sia il giorno «più brutto» della settimana? Alan Hanson ha messo online un articolo talmente aggressivo contro il martedì che mi ha quasi convinto. Mentre il lunedì in qualche modo passa, sulla spinta forse del weekend, il martedì è stagnante, impietoso. «Il martedì incastra» sostiene Hanson.
Personalmente però ho sempre avuto antipatia per il giovedì. Da ragazzo, tutte le cose brutte sembravano arrivare il giovedì: la pioggia, i compiti in classe di matematica, le ragazze che dicevano di no. Con l’età adulta le cose sono cambiate: non ci sono più quei brutti giovedì in mezzo alla settimana. Ma forse è sempre giovedì.
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