L’altro giorno l’agenzia Ansa ha diffuso una fotografia che ha attirato la mia attenzione più di quella di un consigliere regionale su un rimborso spese. Non si trattava di una foto artistica né di uno scatto giornalisticamente rilevante. Non si vedevano modelle voluttuose né panorami incantati.
C’erano soltanto tre signori sullo sfondo anonimo di una parete bianca. Due di questi signori, quelli ai lati, sorridevano tendendosi la mano. Quello di mezzo, si voltava verso uno dei due e sembrava sul punto di dirgli qualcosa; chissà, forse voleva chiedergli l’ubicazione del bagno.
La foto, spiegava la didascalia, era stata scattata a Bruxelles nella sede del Consiglio europeo. I tre soggetti ritratti erano il primo ministro svedese Frederik Reinfeldt, il premier britannico David Cameron e quello olandese Mark Rutte.
Dei personaggi non mi attiravano certo le giacche di taglio severo o le sobrie cravatte di seta. Che cosa mi aveva colpito, allora? Semplice: il fatto che i tre sembrassero piuttosto giovani.
Grazie a Internet la ricerca sull’età dei tre leader è stata questione di un minuto. La mia impressione non era sbagliata: Reinfeldt ha 47 anni, Cameron 46 e Rutte 45. Tanto per fare un paragone, se riunissimo nella stessa inquadratura i tre principali candidati italiani alla presidenza del Consiglio avremmo, in ordine alfabetico, Berlusconi con 76 anni, Bersani con 61 e Monti con 69. Vogliamo aggiungere un quarto incomodo e invitare davanti all’obiettivo lo scapigliato Grillo? Detto fatto, eccolo arrivare con tutti i suoi 64 anni.
Concordo con chi dice che l’età non è automaticamente criterio di rottamazione. Tuttavia, questo evidente stacco generazionale tra l’Italia e l’Europa in fatto di leadership denuncia con evidenza tutto il dramma di un Paese incapace di svecchiarsi. L’ironia suprema è che di questo problema se ne parla da anni e, humour ancor più sottile, che ne parlano da anni sempre gli stessi.
C’erano soltanto tre signori sullo sfondo anonimo di una parete bianca. Due di questi signori, quelli ai lati, sorridevano tendendosi la mano. Quello di mezzo, si voltava verso uno dei due e sembrava sul punto di dirgli qualcosa; chissà, forse voleva chiedergli l’ubicazione del bagno.
La foto, spiegava la didascalia, era stata scattata a Bruxelles nella sede del Consiglio europeo. I tre soggetti ritratti erano il primo ministro svedese Frederik Reinfeldt, il premier britannico David Cameron e quello olandese Mark Rutte.
Dei personaggi non mi attiravano certo le giacche di taglio severo o le sobrie cravatte di seta. Che cosa mi aveva colpito, allora? Semplice: il fatto che i tre sembrassero piuttosto giovani.
Grazie a Internet la ricerca sull’età dei tre leader è stata questione di un minuto. La mia impressione non era sbagliata: Reinfeldt ha 47 anni, Cameron 46 e Rutte 45. Tanto per fare un paragone, se riunissimo nella stessa inquadratura i tre principali candidati italiani alla presidenza del Consiglio avremmo, in ordine alfabetico, Berlusconi con 76 anni, Bersani con 61 e Monti con 69. Vogliamo aggiungere un quarto incomodo e invitare davanti all’obiettivo lo scapigliato Grillo? Detto fatto, eccolo arrivare con tutti i suoi 64 anni.
Concordo con chi dice che l’età non è automaticamente criterio di rottamazione. Tuttavia, questo evidente stacco generazionale tra l’Italia e l’Europa in fatto di leadership denuncia con evidenza tutto il dramma di un Paese incapace di svecchiarsi. L’ironia suprema è che di questo problema se ne parla da anni e, humour ancor più sottile, che ne parlano da anni sempre gli stessi.
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