C’è qualcuno che proprio non sopporta il linguaggio “politicamente corretto”. Quando sente dire “non vedente” invece di “cieco” o “non udente” invece di “sordo” freme tutto e si scaglia contro l’ipocrisia imbellettatrice della lingua. Altri sostengono invece la necessità di questi eufemismi: questione di sensibilità, dicono, e in ultima analisi di civiltà. Personalmente, ritengo che la questione non riguardi né gli uni né gli altri, ma solo i diretti interessati. Ritengono offensivo essere definiti “ciechi” o “sordi”? Riscontrano in queste espressioni, quando rivolte loro, uno sostrato di pregiudizio? Se sì, allora avanti con le alternative lessicali. Se no, il caso è chiuso. Per questa ragione, a nulla serve disquisire sul fatto che la parola “negro” non ha, a rigor di dizionario, alcuna accezione razzista: bisogna piuttosto chiedere alle persone di pelle scura se la sentono usare più come epiteto o più come neutra constatazione cromatica. Definire l’offesa, dunque, sta agli offesi: non ho nessun dubbio su questo.
Credo poi sia necessario stabilire una sorta di prescrizione dell’eventuale insulto. Dico questo perché, in cerca di qualcosa per cui indignarsi, gli inglesi hanno di recente scoperto un filmato dei Beatles in concerto - un evento di circa 50 anni fa - in cui John Lennon, tra una canzone e l’altra, fa per scherzo mosse da disabile: gesti spastici e parole spezzate. Certo non una meraviglia di buon gusto - né oggi né mezzo secolo fa -, ma è il caso di riaprire il file “Beatles” per condannare il quartetto all’infamia del disprezzo verso i disabili? Senza contare che il filmato è ben noto, che fino a ieri non aveva offeso nessuno e che gli stessi Beatles sopravvissuti lo commentano nel documentario “Anthology”: una forma di ironica autodifesa, sostengono, davanti al costante assalto dei media.
Comunque, facciamo pure. Aperto il caso Lennon, rileggiamo quanto scrive Shakespeare degli ebrei e Mark Twain delle persone di colore. Scopriremmo così che l’arte tutta, piaccia o no, è opera di sensibilissimi insensibili.
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