Domanda: qual è il piacere più doloroso da sottrarre? Risposta: quello della sorpresa, quello del dono. Perché? Perché la sottrazione è irrimediabile. Una volta “rubato”, o rovinato, il piacere di portare una sorpresa, di consegnare un dono atteso o inatteso è andato per sempre. Restiamo attoniti con la sensazione, per un momento quasi intollerabile, che un'occasione è andata perduta per sempre. E così è: quel momento d'anticipazione, quel brevissimo scioglimento nella sorpresa, non si possono ricostruire. Non nello stesso modo, non nella stessa evenienza. E' come se fossimo stati, per un momento, a cavallo della Storia, e qualcuno ci avesse disarcionato.
Tra l'altro, si noti che è di questo che vivono i giornalisti. Immaginando la sorpresa negli occhi dei lettori/telespettatori. C'è perfino una voluttà, inconfessabile, nel portare cattive notizie. Non affibbiate subito ai giornalisti l'appellativo di “gufi”: questa vena oscura, un poco crudele, è presente in tutti noi. La curiosità di percepire lo sgomento dell'altro anestetizza, per un momento, la pena di recare un dolore.
L'unica sorpresa detestabile è quella che già sappiamo solleverà, nell'altro, rabbia e risentimento. In questi casi, occorre affrontare la reazione altrui e, nelle nostre vite di portatori di sorprese, le reazioni degli altri, qualora attive, partecipi e battagliere, non ci interessano. Ci piacciono le sorprese che annichiliscono: quelle, in altri termini, che “lasciano senza parole”. Il bambino che accarezza il giocattolo nuovo abbagliato dai suoi colori e dalla sua lucentezza; l'adulto che, nella sua mente, si arrabatta per assorbire l'enormità della notizia che gli abbiamo portato. Il piacere di zittire il prossimo è uno dei più raffinati che si conoscano: ci fa sentire quasi onnipotenti. Camminiamo nel mondo miracolati dallo spirito santo del sapere. Vorremmo fermare il primo che passa: “Ne vuol sentire una bella?”
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