Tra la caldazza di questi giorni e le polemiche roventi (finalmente una frase fatta che cade al posto giusto) di stretta attualità viene la tentazione di intuire un rapporto causa-effetto e di stabilire che è tutta colpa della prima.
Un dibattito sullo “Ius soli” che sembra uscire dritto dalle pagine della rivista “La difesa della razza” (solo, molto più sgrammaticato), elucubrazioni sull’avidità dei portieri diciottenni, complottismo a livelli di guardia. Tutto questo, appena ieri, lo si poteva salutare con una scrollata di spalle: “Sarà colpa del caldo”. Oggi sappiamo che non è così: il caldo può esacerbare, sobbollire a fuoco lento qualche cervello già ridotto a chutney (sarà pur servito a qualcosa aver seguito sei edizioni di Masterchef) e, tenendo conto dell’effetto canotta sul balcone, rendere pubblici e sonori certi scontri, ma dobbiamo ammettere che fuori di testa lo siamo tutto l’anno: l’alibi della temperatura non regge.
Il guaio, sempre più evidente, è che non ci sono più scuse che ci affranchino da ottusità e ignoranza: dai libri e internet, fino ai condizionatori d’aria, infiniti sono i supporti all’uso benigno del cervello. Non che questo argini ottusi e ignoranti, anzi il loro stonato contributo al coro sociale ne esce amplificato. Qualcuno si affranca dicendo che non ha “paura di dire le cose che tutti vorrebbero dire”. Peccato ci siano sempre ottime ragioni per non dirle. Prima fra tutte la costumatezza. Articolo che però, bisogna ammetterlo, non aiuta contro il caldo.
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