Non ho nessuna intenzione di trasformare questo spazio in una “nota politica”. Si tratta infatti di una forma letteraria che non mi ispira affatto. Se avvicino gli articoli di politica alla letteratura è perché, molto spesso, mi sembrano insolitamente affini a ciò che oggi passa per narrativa, ovvero trovo continue corrispondenze nella drammaticità dei toni, nell’incertezza delle trame, nell’improbabilità dei dialoghi e nello scarso fascino dei protagonisti.
Niente note politiche, dunque. Se però per una volta mi viene da dire qualcosa sul governo, che cosa devo fare? Starmene zitto? Non sia detto: un’opinione è un'opinione e, nel mio caso almeno, non se ne contano mai in abbondanza da poterle sprecare. La mia opinione sul governo Letta è dunque questa: esso è l’unico esecutivo, da molto tempo a questa parte, a non avere un’opposizione. Il che non significa che non vengano espresse pubbliche riserve sulle sue iniziative : significa solo che non vengono da un fronte compatto, politicamente omogeneo, capace di proporsi come eventuale alternativa.
L’opposizione più tosta sarebbe in teoria quella del Movimento 5 Stelle ma le critiche che vengono da quella parte non sono considerate tali: i media le registrano piuttosto con l’atteggiamento pietoso con cui di solito si ascoltano i deliri dei malati gravi. La colpa in questo è sia dei 5 stelle - i cui portavoce suonano, alternativamente, come portuali indemoniati e betoniere sgrammaticate - sia dei media stessi i quali, una volta stabilito un cliché, lo sfruttano all’osso. Il resto procede in ordine sparso: Lega, Sel, eccetera. L’altroieri si è espresso in disaccordo con il governo anche Capezzone, ma pensare costui all’opposizione è come immaginare la “signora in giallo” in un locale di lap dance.
Il governo più debole è dunque anche quello cui la politica concede la marcatura più larga. Difficile dire se saprà fare gol. Più spesso, queste libertà conducono all’inebriante abisso dell’autogol.
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