Quando un grande fotografo incontra un paio di occhi verdi può succedere di tutto. Fino a oggi, la cosa più straordinaria che sia mai successa è lo scatto di Steve McCurry che nel 1985 finì sulla copertina di giugno del National Geographic Magazine.
Gli occhi verdi - intensi, magnetici, severi - erano quelli di Sharbat Bibi e al tempo avevano 12 anni come la ragazzina che li sfoggiava in un volto indurito ma ancora armonioso. Il celebre scatto fu realizzato in un campo profughi nei pressi di Peshawar, in Pakistan, e divenne un’icona: lo sguardo della “Mona Lisa della guerra afgana”, come venne ribattezzata Sharbat Bibi, denunciava e interrogava l’Occidente, lo spaventava e lo commuoveva, carico com’era di una potente ambiguità, caratteristica che accomuna i capolavori della pittura e della fotografia.
Diciassette anni dopo, McCurry volle cercare quella ragazzina e, naturalmente, la ritrovò donna. Il suo volto non aveva più i tratti acerbi che tanto ci turbavano ma gli occhi, verdissimi, erano sempre quelli, pronti a ripetere all’obbiettivo la loro muta domanda. L’icona del 1985 veniva ripresa e rilanciata: tanto tempo era passato tra le due immagini ma, per Sharbat Bibi e per tutto ciò che ella rappresentava, nulla era cambiato.
Altri anni sono passati e, oggi, Sharbat Bibi fa notizia per una questione più triviale: è stata arrestata. Dice un’agenzia che «Agenti della Agenzia federale di indagini (Fia) si sono recati a casa sua e le hanno contestato il reato di falsificazione del Documento nazionale di identità computerizzato (Cnic) pachistano».
Non abbiamo mai potuto leggere che cosa capitò alla Gioconda una volta che Leonardo ebbe finito di dipingerla, magari finì in causa con un vicino per l’odore della vernice. Della Mona Lisa afghana sappiamo invece che sta passando qualche guaio. Ma i suoi occhi, insieme al sorriso della Gioconda e alle tante icone che, come un puzzle, compongono la nostra sensibilità, continuano a girare il mondo senza passaporto.
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