L’ho fatto. Mi sono perfino sentito in colpa, ma l’ho fatto. Ho iscritto il mio numero telefonico privato (la linea fissa di casa, per intenderci) al Registro delle Opposizioni. Pensavo, con ciò, di essermi sottratto, un po’ egoisticamente, al fuoco di fila delle cosiddette offerte commerciali. Come dicono all’Accademia della Crusca: manco per le balle.
Le telefonate continuano e gli operatori e le operatrici, alle mie proteste e all’annuncio che il numero appartiene al Registro, hanno reazioni che fanno della Sfinge una creatura perennemente sul chi vive. Eppure, leggo sul sito Internet del Registro, istituito per Decreto del Presidente della Repubblica, 7 settembre 2010, n. 178, che trattasi di «servizio concepito a tutela del cittadino che decide di non voler più ricevere telefonate per scopi commerciali o di ricerche di mercato e, in pari tempo, uno strumento per rendere più competitivo, dinamico e trasparente il mercato tra gli Operatori di marketing telefonico».
Ora, gli Operatori mi sembrano competitivi e dinamici come non mai (ho i miei dubbi siano anche trasparenti) ma il cittadino è tutelato come un topo nella trappola. Nel complesso, la circostanza mi rende doppiamente incavolato: almeno prima, quando non ero “protetto”, sapevo di dovermi battere da solo contro orde di piazzisti del prefisso; adesso mi sembra di avere un alleato che, all’ora della battaglia, sostiene di avere un altro impegno. Intanto le telefonate continuano: sempre più presto al mattino, sempre più tardi alla sera.
C’è una sola cosa che mi conforta: so di non essere solo. So che questo è un tema sensibile: ogni volta che se ne parla, nei giornali oppure online, le reazioni non mancano: voci risentite, disturbate, indebitamente sottoposte a pressioni psicologiche, a volte perfino morali. Senza contare che tra le telefonate a scopo di lucro si perdono quelle vere, sentimentali, familiari, amichevoli: le uniche alle quali gli Operatori - per adesso - non hanno ancora messo un prezzo.
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