Per fortuna Bocelli, nell’agendina telefonica, sta alla lettera “B”, cioè molto in alto, altrimenti per Trump ci sarebbe da disperare. Se il “no” fosse venuto da Zarrillo, per esempio, oppure da Renato Zero, allora sì che sarebbero guai.
Mi spiego per chi ancora non ha saputo la notizia: il cantante italiano Andrea Bocelli, subissato di critiche dai fan, ha deciso che non canterà alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente degli Stati Uniti, in programma per il prossimo 20 gennaio. Trump ha dunque un mesetto scarso per trovare un rimpiazzo: visto l’atteggiamento generale dello star-system americano, al 90 per cento a lui ostile, l’impresa non sarà facile. Potrebbe invitare sul palco Clint Eastwood, ma l’attore-regista non è mai stato famoso per la limpidezza della sua ugola, tutto il contrario. Anche Scott Baio, attore noto per aver ricoperto il ruolo di Chachi in “Happy Days”, ha offerto il suo “endorsement” ma, francamente, quando uno diventa presidente o riesce a farsi benedire direttamente da Fonzie oppure è meglio che lasci perdere.
Dalla B di Bocelli, Trump potrebbe passare alla C di Celentano e, se Adriano dicesse di sì, non c’è dubbio che il 20 gennaio saremmo tutti davanti al televisore:
«Prima di cantare... (dieci minuti di pausa)... volevo dire una cosa... (dodici minuti di pausa)... cioè, ragazzi, la Terra sta soffrendo». Grandioso, ma per nulla in linea con la visione ambientale di Trump, per cui ogni cartaccia per terra è benedetta perché rappresenta un posto di lavoro in più per uno spazzino americano.
Insomma, non sarà facilissimo, per Trump, trovare una voce disposta a cantare per lui, volendo escludere, per ragioni di decibel, i gruppi nazi-rock. Speriamo solo, per lui, che il neoeletto presidente non debba risolversi, il 19 gennaio, all’ultima, penosa telefonata alla segretaria: «Signorina, mi chiami un po’ questi ZZtop».
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