Vi capitasse di passare per Bonn potreste fare una capatina al grande congresso organizzato dall’Onu sul cambiamento climatico. Anche se l’argomento dell’evento non dovesse interessarvi (ma sarebbe veramente curioso se fosse così) godreste comunque di una bella occasione per incontrare gente proveniente da ogni angolo del mondo.
Al convegno di Bonn risultato iscritte delegazioni governative di oltre 180 Paesi, per un totale di più di duemila partecipanti. Dall’Afghanistan allo Zambia, praticamente tutto il globo è rappresentato, senza contare l’apporto degli esperti di decine di organizzazioni internazionali che si occupano di ambiente e quello di numerosi studenti invitati dall’Onu a osservare i lavori ma anche a partecipare attivamente alla discussione. A vostra disposizione, dunque, praticamente ogni nazionalità immaginabile. Tranne una: quella americana.
Per la verità, anche gli Stati Uniti hanno mandato una delegazione ma così sparuta che sarà difficile individuarla nel bel mezzo del bailamme. Il governo americano ha infatti deciso che 7 persone erano più che sufficienti a rappresentare al convegno l’economia più importante del mondo. Tutti gli altri Paesi, dalla Cina all’India, dalla Gran Bretagna alla Germania, hanno mandato ognuna rappresentanti a dozzine. Il record spetta alla Francia, con 42 delegati. L’Italia, mai avara in queste missioni, ne ha spediti 25.
Gli Usa, come detto, 7. Qualcosa deve essere successo, perché lo scorso anno la delegazione americana era composta da 44 elementi.
Un numero, direte voi, non basta per tirare conclusioni, ma non si può negare che il messaggio sia eloquente ed equivalga, da parte dell’America, a un’alzata di spalle. Voi direte anche che non saranno i convegni a curare le ferite del mondo. Forse avete ragione: ma mostrarsi addirittura disinteressati ai malanni della Terra, oltre che stupido, è anche immorale.
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