Tra le parole più abusate di questi tempi, per le quali davvero andrebbe istituito un Comitato di difesa, magari sovvenzionato con fondi statali, “sfida” compare certamente ai primissimi posti. E' un termine che si adatta a meraviglia al nostro bisogno di retorica, un ingrediente che ha distrutto la sensibilità per l'espressione verbale così come lo zucchero semolato ha inquinato quella per i sapori.
Leggo interviste e dichiarazioni di personaggi più o meno famosi: non ce n'è uno che non sia immerso in una qualche “sfida”. Un attore impegnato a girare una fiction descrive il suo lavoro come una “sfida”; non parliamo del regista, il quale non fa altro che accettare “sfide” da quando si alza la mattina. In tv, è peggio che all'Ok Corral: tutti accettano “sfide” contro tutto, fosse solo per accettare un “pacco” da Max Giusti. I calciatori, manco a dirlo, vivono di “sfide”: ho perfino letto le parole di uno di loro il quale, messo in panchina, sosteneva di prendere la decisione dell'allenatore come una “sfida”. Siamo un popolo di eroi, insomma, indomiti davanti a qualunque minaccia.
“Sfida” piace, credo, perché è una parola che si modella sulla futile immagine da “guerrieri della vita” da qualche tempo così popolare tra la gente. Ragionieri, idraulici o giornalisti, non importa: tutti si aggirano con l'aria fiera e sussiegosa di samurai da fumetto, ostentano “valori” e tatuaggi con la stessa pacchiana esuberanza e ci tengono a farci sapere che, loro, affrontano le “sfide” della vita come fossero “battaglie”.
Sbaglierò, ma ogni volta che incontro una persona ammantare se stessa del pomposo linguaggio dei valori e dei principi, più che solidità vedo insicurezza. E mi convinco di un fatto: vivere senza stampelle mentali è l'unica “sfida” che, davvero, merita di essere raccolta.
Leggo interviste e dichiarazioni di personaggi più o meno famosi: non ce n'è uno che non sia immerso in una qualche “sfida”. Un attore impegnato a girare una fiction descrive il suo lavoro come una “sfida”; non parliamo del regista, il quale non fa altro che accettare “sfide” da quando si alza la mattina. In tv, è peggio che all'Ok Corral: tutti accettano “sfide” contro tutto, fosse solo per accettare un “pacco” da Max Giusti. I calciatori, manco a dirlo, vivono di “sfide”: ho perfino letto le parole di uno di loro il quale, messo in panchina, sosteneva di prendere la decisione dell'allenatore come una “sfida”. Siamo un popolo di eroi, insomma, indomiti davanti a qualunque minaccia.
“Sfida” piace, credo, perché è una parola che si modella sulla futile immagine da “guerrieri della vita” da qualche tempo così popolare tra la gente. Ragionieri, idraulici o giornalisti, non importa: tutti si aggirano con l'aria fiera e sussiegosa di samurai da fumetto, ostentano “valori” e tatuaggi con la stessa pacchiana esuberanza e ci tengono a farci sapere che, loro, affrontano le “sfide” della vita come fossero “battaglie”.
Sbaglierò, ma ogni volta che incontro una persona ammantare se stessa del pomposo linguaggio dei valori e dei principi, più che solidità vedo insicurezza. E mi convinco di un fatto: vivere senza stampelle mentali è l'unica “sfida” che, davvero, merita di essere raccolta.
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