Non ho dati a supporto di quanto sto per affermare. Lo faccio solo sulla spinta di una sensazione e tuttavia credo di non sbagliare. L’affermazione è questa: sempre più gente infila l’autostrada contromano.
Ieri, sulle homepage di parecchi giornali campeggiava il video di un tale che, imboccata la corsia alla rovescia, ha percorso sette chilometri prima di accorgersi che o lui aveva sbagliato qualcosa o gli altri automobilisti erano tutti impazziti di colpo. Era lui ad aver sbagliato, ovviamente, e una volta rimediato all’errore ha spiegato: «Ero stanco».
Questa moltiplicazione dei “contromanisti” ha forse una spiegazione banale: le autostrade sono controllate da telecamere di sicurezza, le telecamere producono video e i video sono molto appetiti dai siti di informazione. Per questa ragione, ogni anomalia viene non solo registrata ma, quando è particolarmente clamorosa, finisce online alla velocità della luce. Ciò produce l’impressione che certi errori al volante si ripetano molto più spesso che in passato.
C’è però un’altra considerazione da tentare. Quanto è tipico dei nostri tempi - fatti di obblighi, istruzioni, direzioni, procedure, emendamenti alle linee-guida e variazioni ai regolamenti - questo assurdo e potenzialmente fatale errore? Secondo me, non c’è altra immagine che, oggi, descriva meglio la confusione mentale nella quale, più o meno, tutti noi annaspiamo. Per buona parte della giornata siamo impegnati a seguire percorsi, programmi, procedure e regole che altri hanno costruito per noi. Qualche volta può capitare che sui tanti impulsi a seguire gli schemi, il nostro smarrito io inconsciamente prevalga e, ribelle quanto autodistruttivo, imbocchi alla rovescia la carreggiata sociale. Non è una rivoluzione e neppure una ribellione, perché in essa non c’è nulla di organizzato. È un cedimento e una resa. Come ha detto l’automobilista di cui sopra: siamo stanchi.
© RIPRODUZIONE RISERVATA