So che è vero

So che è vero perché l'orribile conferma arriva quando sto seduto in un aeroplano e la voce del comandante si diffonde dagli altoparlanti. Se la voce di cui sopra sembra appartenere a un uomo bianco non potrò fare a meno di sentirmi rassicurato, più che se avesse un tono femminile o colori, chessò, asiatici o africani. La sensazione non durerà più di un secondo; verrà infatti sostituita dal senso di colpa e dalla domanda: sono razzista?

La risposta, ovviamente, è sì. Non un razzista volontario e convinto, per fortuna, ma comunque portatore di pregiudizio. A mia parzialissima discolpa, il fatto che quasi tutti noi lo siamo. So per certo che anche alcune persone asiatiche o africane si sentono più sicure in volo quando ai comandi c'è un bianco. Il pregiudizio è arrivato a legarsi alla cultura della globalizzazione, infettando perfino le sue vittime predilette.

Dicevo “so che è vero” perché ho letto un articolo secondo il quale un test di “associazioni implicite” messo a punto da tre Università americane ha rivelato che nessuno, ma proprio nessuno, è libero da forme più o meno virulente di razzismo. In sostanza, la stragrande maggioranza di noi si fida di più di un bianco che di una persona di qualsiasi altro “colore”, di un uomo più che di una donna e di un eterosessuale più di un omosessuale. In questo, nessuno è innocente, nessuno è perfetto.

Diciamo pure che si sapeva e che la perfezione non esiste: non vale come assoluzione. Questo tipo di pregiudizi può avere conseguenze gravissime. E' la ragione per cui in America i poliziotti sparano più ai neri che ai bianchi, e spiega come mai i colloqui di lavoro vengano spesso inquinati da considerazioni che nulla hanno a che fare con il merito o la preparazione. Guarire del tutto forse non si potrà, ma migliorare sì. Sono allo studio soluzioni che coinvolgono perfino terapie farmacologiche e corsi di “allineamento” razziale. Si può ridere o dismettere questi studi come inaccettabili tentativi di condizionamento. Vero: inaccettabili come le idee sulla razza che, per secoli, ci hanno bacato il cervello.

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