Un genio dell'informatica ha dichiarato che “nel giro di un paio d'anni” sarà messo a punto un software in grado di scrivere articoli senza bisogno di alcun intervento umano. Immaginerete che la notizia mi preoccupi e avete ragione. La preoccupazione, tuttavia, non deriva dal fatto che il software potrebbe lasciarmi senza lavoro (a quello provvederanno i lettori che non leggono più); piuttosto, il timore deriva dalla filosofia intorno alla quale il software medesimo verrà costruito.
Il programma di cui sopra sarebbe - sarà - in grado di imbastire un testo in stile giornalistico partendo da puri dati numerici. Per ottenere un articolo economico, basterà inserire dati come il Pil, l'inflazione, lo spread, il debito e la percentuale di guadagno o di perdita della Borsa. A questi dati, il software aggiungerà un testo adeguato a ciò che ci si aspetta da un articolo.
L'elemento preoccupante sta nelle parole “ciò che ci si aspetta”. Quante volte abbiamo scorso un articolo (riguardante un incidente stradale, una crisi di governo, uno scandalo finanziario, eccetera) provando la sensazione di averlo già letto, pensando che, tolti pochi dati essenziali, il testo potesse venir replicato all'infinito, sempre uguale: l'incidente “si è verificato”, le manette “sono scattate”, il governo “ha le ore contate”... Ebbene, finalmente qualcuno ha sfruttato la pigrizia mentale, la sciatteria e la pochezza linguistica dei giornalisti per farne un uso scientifico. Non c'è ragione infatti perché un computer possa scrivere peggio di un giornalista col cervello spento: a questo punto, la speranza, e anche l'impegno, cui affido la rispettabilità dell'intera mia carriera, è che quando il software mi sostituirà nella stesura di questa rubrica, i suoi affezionati 2,5 lettori possano, in qualche modo, accorgersene.
Il programma di cui sopra sarebbe - sarà - in grado di imbastire un testo in stile giornalistico partendo da puri dati numerici. Per ottenere un articolo economico, basterà inserire dati come il Pil, l'inflazione, lo spread, il debito e la percentuale di guadagno o di perdita della Borsa. A questi dati, il software aggiungerà un testo adeguato a ciò che ci si aspetta da un articolo.
L'elemento preoccupante sta nelle parole “ciò che ci si aspetta”. Quante volte abbiamo scorso un articolo (riguardante un incidente stradale, una crisi di governo, uno scandalo finanziario, eccetera) provando la sensazione di averlo già letto, pensando che, tolti pochi dati essenziali, il testo potesse venir replicato all'infinito, sempre uguale: l'incidente “si è verificato”, le manette “sono scattate”, il governo “ha le ore contate”... Ebbene, finalmente qualcuno ha sfruttato la pigrizia mentale, la sciatteria e la pochezza linguistica dei giornalisti per farne un uso scientifico. Non c'è ragione infatti perché un computer possa scrivere peggio di un giornalista col cervello spento: a questo punto, la speranza, e anche l'impegno, cui affido la rispettabilità dell'intera mia carriera, è che quando il software mi sostituirà nella stesura di questa rubrica, i suoi affezionati 2,5 lettori possano, in qualche modo, accorgersene.
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