Sole a catinelle

C’era il sole ininterrottamente da ormai sessanta giorni. O sessantuno? K. non se lo ricordava. Era diventato difficile persino contarli. Si avvicinò alla finestra, spettatore sconfortato del cielo senza nuvole, della luce accecante, dell’asfalto sul quale era impossibile scorgere anche un minuscolo riquadro d’ombra.

Sospirò. Dal televisore gli arrivò qualche brano del bollettino meteorologico. Drizzò le branchie: le previsioni davano brutto fisso ancora per tre giorni. Nel finesettimana, promettevano, ci sarebbe stato qualche «sporadico acquazzone». Dicevano sempre così, ormai. K. era convinto che quegli acquazzoni, previsti sempre con giorni e giorni di anticipo, fossero pietose bugie: piccole speranze gettate alla gente perché, sotto quel sole feroce, non andasse fuori di testa.

Il giorno dopo, con la famiglia, avrebbe dovuto partire per le vacanze. Già immaginava la faccia delusa dei bambini quando, al risveglio, avrebbero caricato l’automobile nella luce più violenta, invece che allegramente solleticati da una pioggerellina rinfrescante. Come potevano divertirsi i bambini, senza pioggia? Che cosa avrebbero fatto, in spiaggia, se non potevano giocare a “contenere la slavina” oppure a “salviamo le persone finite sotto lo smottamento”? C’erano sempre discussioni, tra loro, su chi dovesse fare il soccorritore e chi la vittima. X., il primogenito, si arrogava sempre il diritto di impersonare l’eroico vigile del fuoco e K. doveva metterci del buono per convincerlo a invertire le parti e a concedere ogni tanto alle sorelline Z. e H. il piacere di estrarlo da un cumulo di fango. Problemi che quell’anno non avrebbe avuto: niente pioggia in estate per due mesi! Incredibile!

In ogni caso, la partenza era fissata e non avrebbe potuto rinviarla. Andò in garage ad assicurarsi che il battistrada delle gomme fosse perfettamente liscio. Chissà? Magari le previsioni sbagliavano e l’indomani sarebbero partiti sotto il nubifragio. Quanta gioia avrebbe visto negli occhi dei piccoli, come avrebbero battuto felici le loro pinnette! E poi dicono che il tempo non conta.

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