Sapete? Io credo sia possibile parlare venire a patti con se stessi, per togliere un po' di spazio alla parte più istintiva e irragionevole di noi, quella che salta alle conclusioni e se le conclusioni non le piacciono soffre e frigna.
Ci ho provato ieri davanti alla pioggia torrenziale e, soprattutto, riflettendo sulla prospettiva di una serie di giorni uniforme nel grigiore e nell’umidità. Mi sono detto, con la mia voce interiore più pacata, che è sciocco legare l’umore al tempo.
La pioggia non ti piace? E perché? Non occorre una competenza da scienziato per apprezzarne i lati positivi. Essa contribuisce in modo determinante al ciclo vitale. Bagna i campi e colma le riserve idriche. L’acqua è talmente essenziale che, quando gli scienziati vanno a caccia di pianeti sui quali possa esserci vita, è appunto il prezioso composto di idrogeno e ossigeno che cercano: senza acqua, perfino un sottosegretario sopravvive a stento.
Certo, questi argomenti scientifici, pur solidi, non potevano del tutto spazzar via un’ostilità nei confronti della pioggia che non è tanto razionale quanto istintiva e, in una certa misura, estetica. La pioggia non piace per le pozzanghere, gli schizzi, i disagi che impone e per la libertà di passeggiare, correre, indugiare che sottrae. Inoltre, la pioggia respinge per la sua ostinazione nell’addormentare la luce. Eppure, non ci vuole un animo poi troppo elevato per trovare del bello anche in questo. Per esempio, nei riflessi inaspettati che si accendono sulle foglie, per il verde dei prati che si illumina in modo misterioso e per quel tamburellare saggio che accarezza l’anima.
Dopo aver ribadito tutto ciò a me stesso, sono rimasto in ascolto. Un secondo di silenzio mi ha illuso di avercela fatta. Poi, come la lava di un vulcano represso, qualcosa in me - qualcosa di irragionevole ma comunque insopprimibile - è venuto a galla. Tenetevi la pioggia, ha urlato. E datemi il sole. Un pezzetto di sole. Tutto per me. Solo per me. Mio.
Ci ho provato ieri davanti alla pioggia torrenziale e, soprattutto, riflettendo sulla prospettiva di una serie di giorni uniforme nel grigiore e nell’umidità. Mi sono detto, con la mia voce interiore più pacata, che è sciocco legare l’umore al tempo.
La pioggia non ti piace? E perché? Non occorre una competenza da scienziato per apprezzarne i lati positivi. Essa contribuisce in modo determinante al ciclo vitale. Bagna i campi e colma le riserve idriche. L’acqua è talmente essenziale che, quando gli scienziati vanno a caccia di pianeti sui quali possa esserci vita, è appunto il prezioso composto di idrogeno e ossigeno che cercano: senza acqua, perfino un sottosegretario sopravvive a stento.
Certo, questi argomenti scientifici, pur solidi, non potevano del tutto spazzar via un’ostilità nei confronti della pioggia che non è tanto razionale quanto istintiva e, in una certa misura, estetica. La pioggia non piace per le pozzanghere, gli schizzi, i disagi che impone e per la libertà di passeggiare, correre, indugiare che sottrae. Inoltre, la pioggia respinge per la sua ostinazione nell’addormentare la luce. Eppure, non ci vuole un animo poi troppo elevato per trovare del bello anche in questo. Per esempio, nei riflessi inaspettati che si accendono sulle foglie, per il verde dei prati che si illumina in modo misterioso e per quel tamburellare saggio che accarezza l’anima.
Dopo aver ribadito tutto ciò a me stesso, sono rimasto in ascolto. Un secondo di silenzio mi ha illuso di avercela fatta. Poi, come la lava di un vulcano represso, qualcosa in me - qualcosa di irragionevole ma comunque insopprimibile - è venuto a galla. Tenetevi la pioggia, ha urlato. E datemi il sole. Un pezzetto di sole. Tutto per me. Solo per me. Mio.
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