Lo scorso 29 aprile si è materializzato su un palcoscenico il sogno di infiniti cinefili: una “reunion” del cast de “Il Padrino”, 45 anni dopo l’uscita del film. A organizzare l’evento, il Tribeca Film Festival di New York, curato da Robert De Niro, presente alla rimpatriata in qualità di giovane don Vito Corleone nell’Atto secondo della saga. Con lui, tutti gli altri pezzi da novanta della pellicola: James Caan (Sonny), Robert Duvall (Tom Hagen), Talia Shire (Connie), Diane Keaton (Kay), Al Pacino (Michael) e naturalmente il regista Francis Ford Coppola.
Ed è grazie a quest’ultimo, grande cineasta ma anche eccezionale oratore, se la cerimonia passerà agli annali come evento significativo e non come imbarazzante naufragio. Sarebbe troppo duro e ingeneroso accusare la non più giovane età degli attori (Caan e Pacino hanno 77 anni, Duvall 86 e De Niro 73) ma resta il fatto che i loro ricordi (e l’energia impiegata nel riferirli) non hanno retto il confronto con l’altissima aspettativa di chi considera “Il Padrino” come un classico intramontabile. Dalla prima battuta (“I love America”) al “No” finale con cui Michael/Pacino suggella l’enorme menzogna che sarà la sua vita, tutto il film è costellato di momenti iconici, percorso da facce indimenticabili (Clemenza, Tessio, Luca Brasi, Sollozzo) e immerso in una luce che riesce a essere cupa e calda insieme. Ben poco di tutto ciò trova soddisfazione nella “reunion”: non nelle divagazioni di Pacino, non nelle risate di Caan e certo non nei bisbigli di De Niro.
Pur con la sua discutibile epica del crimine - di cui sottolinea il fascino costringendoci a confrontarci con esso - “Il Padrino” resta un gran film. Non “restano” più, se vogliamo, i suoi interpreti: travolti dal tempo, anche se a noi piace pensarli eterni. Sorriderà di questo Truffaut, autore del più bell’omaggio di sempre al film di Coppola. In “Effetto notte” (1973) il protagonista, lui stesso nei panni di un regista, sbotta infastidito perché in quel periodo, al cinema, «danno solo il Padrino».
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