L'Italia è un paese che andrebbe messo sotto tutela. Nessuno si offenda: è un complimento. C'è troppa roba, da noi, di bellezza incomparabile perché si possa abbandonarla all'incuria, alla speculazione, alla criminalità e ai tifosi del Feyenoord. Il nostro impegno quotidiano dovrebbe essere quello di salvarla, la “roba”, e per certi versi è chiaro che da soli non possiamo farcela. Forse lo Stato dovrebbe spendere un po' di più per la tutela del patrimonio artistico, questo è vero, ma va detto che lo Stato medesimo ha spesucce alle quali non può rinunciare, come quelle per la Cassa di conguaglio per il Gas di petrolio liquefatto e per i segretari di senatori e deputati. Questo, senza contare che anche i Comuni vantano le loro esigenze perché, come si dice, gli assessori non vivono di aria.
Ecco perché ci serve aiuto. Una delle mani che più spesso si tendono verso il nostro paese proviene dall'Unesco, l'Organizzazione dell'Onu per l'educazione, la scienza e la cultura. Come è noto, l'Unesco di tanto in tanto reclama a sé, per così dire, dei luoghi di particolare pregio naturale e artistico e li proclama Patrimonio dell'umanità. Questo patrocinio è considerato una buona cosa: aumenta il turismo nella località designata e nello stesso tempo le mette addosso gli occhi del mondo, evitando che qualche geometra troppo intraprendente piazzi un garage tra le colonne di un tempio greco.
Adesso, però, qualcuno incomincia a notare che questa faccenda dell'Unesco è sotto sotto una fregatura: la designazione a Patrimonio dell'umanità equivale a una sorta di indefinito congelamento. Vietato costruire, sviluppare, perfino aggiustare. In altre parole, sono inibite le speculazioni ma anche i miglioramenti. C'è chi ha deciso di sottrarsi: è il caso della città di Dresda, in Germania, che ha deciso di procedere con la costruzione di un ponte pur sapendo che così facendo avrebbe perduto l'invidiato status. Il rischio, insomma, c'è: la tutela equivale a una sorta di perdita dei diritti civili. E' la condanna che tocca ha chi ha un grande passato: il futuro si fa più angusto, improbabile, distratto. E assomiglia in modo inquietante al presente.
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