Chi dice che la scienza è tutta rigore, dati oggettivi, ripetizioni controllate? Personalmente, non conosco nulla di più stimolante per la fantasia e la pura speculazione.

Prendiamo questa notizia, pubblicata con evidenza dai giornali giusto l’altro giorno: «Il big bang in laboratorio. Così la luce diventa materia». In pratica, la tecnologia oggi disponibile nei grandi laboratori di ricerca - a Frascati noi italiani ne abbiamo uno e mai località sembrò, all’orecchio e all’immaginazione, più improbabile - consentirebbe di ricreare artificialmente il processo che, all’origine dell’universo, consentì di passare dalla pura energia alla materia. È una cosuccia da niente, in fondo. Con un laser - chi non ne ha uno in casa? - si spara ad altissima velocità un fascio di elettroni su una placca d’oro. Si creano così dei fotoni (dal lombardo “futun”: incazzatura rapida e bollente) ad alta energia da indirizzare in una sorta di “lattina” con pareti foderate d’oro (non è una scienza per poveri) a sua volta bombardata da un altro laser. In questo modo si creano le condizioni per uno scontro tra fotoni, il che produrrebbe elettroni e positroni, ovvero materia.

A questa descrizione va fatta la tara dell’approssimazione giornalistica ma, insomma, l’idea c’è. Io, a questo punto, immagino un’ apparecchiatura con una manopola bella grossa pronta da ruotare e un suono acuto che sale man mano che la giriamo. Pronti? Via!

Ruotiamo la manopola appena un poco ed ecco elettroni e positroni saltar su come pop corn appena fatto. Avanti ancora e si formano gli atomi, poi le molecole. Nasce la materia come la vediamo: solida, liquida, gassosa. Si coagula a formare una galassia, fatta di stelle e pianeti. Su alcuni di questi pianeti ecco che - la manopola è ormai a tre quarti - inizia a pigolare la vita. Sentiamo lo sbattere di ali, i ruggiti delle creature delle foreste, i richiami delle madri e, infine, una voce intelligibile che dice: «Interesse al tre per cento». È fatta: il bello, adesso, è che possiamo spegnere tutto.

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