Metto le mani avanti: non ho idea di quale possa essere, nel momento in cui leggete queste righe, il tempo atmosferico fuori dalla vostra finestra. So soltanto che, nell’ora in cui scrivo, le previsioni meteo degli ultime ore, così come quelle degli ultimi due giorni, si sono rivelate clamorosamente sbagliate: il solleone, secondo gli esperti, doveva venire spazzato via dall’arrivo di certi temporali da far saltare sulla testa la parrucca di Benjamin Franklin. Non solo: le nostre case, le nostre strade, dovevano aspettarsi un intenso bombardamento di grandine e alcuni esperti arrivavano ad annunciare nevicate fuori stagione. Soprattutto, la temperatura doveva precipitare: di colpo, dieci e anche quindici gradi in meno.
Ripeto, magari, nel momento in cui leggete, un pinguino sta razzolando nel vostro giardino ma io, con il termometro a 29, posso arrivare a una conclusione soltanto: per una volta, le previsioni del tempo ci hanno dipinto un prossimo futuro non sulla base di analisi scientifiche ma, piuttosto, sui desideri dei rilevatori.
Addirittura, immagino un singolo meteorologo, unico rimasto al posto di combattimento a fronte della fuga al mare e ai monti dei colleghi, lottare contro l’evidenza delle temperature in crescita. Chissà, magari il suo ufficio, minuscolo e tappezzato di monitor, è una fornace, il condizionatore si è rotto e nella macchina delle bibite non è rimasta neppure una Coca. Il meteorologo suda, smania, soffre: per lui cicloni e anticicloni non sono più eventi da valutare con distacco professionale e diventano invece questioni personali. Alta e bassa pressione influiscono direttamente sul suo benessere e l’espressione «temperature in aumento» lo indispettisce come un insulto. Giunto al limite della sopportazione, esplode e divulga la sua rabbiosa speranza: «Pioggia, grandine, maremoto, temperature in calo precipitoso, neve ai mille metri!». Son quei momenti di crisi che, in gergo psichiatrico, vengono classificati come «mare molto mosso».
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