Stagione ufficiale

Se fosse possibile assegnare ai continenti una stagione ufficiale, così come si sceglie un inno, una bandiera o si elegge un piatto nazionale, l’Europa non potremmo che consegnarla all’autunno. Pensateci: la stagione contiene in sé mille allegorie pertinenti. I cieli fanno acqua come bilanci statali, le foglie si disperdono simili a morenti bond greci e il rosseggiare della vegetazione allude allo stato dei nostri conti in banca.

Ci sono poi ragioni culturali per cui l’autunno andrebbe eletto a stagione ufficiale dell’Europa. Vista come una stagione di decadimento, di lento sfiorire, di melanconico dissolversi, l’autunno riecheggia perfettamente l’umor allegro di tanti nostri poeti e romanzieri per non dire di pittori e musicisti. Infine - e soprattutto - si tratta di una questione cromatica: se l’Italia, con altri Paesi del Mediterraneo, mantiene ancora robusti rapporti diplomatici con l’estate, a Nord, nella massa più consistente del continente, i rossi vinosi, i gialli spenti, le tinte brune creano, in sfumato contrasto con il grigio delle cattedrali gotiche, la perfetta trama di colore per rappresentare il sentimento antico, un poco stanco ma in fondo saggio e per questo rassegnato, delle nazioni europee e dei loro abitanti.

Chissà, forse potrebbe essere d’aiuto avere una stagione ufficiale. Si potrebbero organizzare convegni con annessa castagnata, oppure feste internazionali a base di cachi e melograni volte allo scopo di rinsaldare i diversi, a volte persino contrapposti, tasselli che compongono il mosaico dell’Unione.

Non sarebbe male, in fondo, tentare di comporre l’unità continentale partendo da una stagione, quella perfetta per affermare il carattere generale dell’Europa: stringiamoci l’uno all’altro che stiamo per cadere.

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