Ora che la gente è libera – giustissimamente – di commentare online ciò che vuole e di distribuire pareri in Rete come confetti ai matrimoni, è difficile non notare come, nella vivace e variegata massa degli opinionisti, si notino tratti linguistici comuni. È come se, scrivendo, certe espressioni rimanessero incollate ai polpastrelli: battendo e ribattendo sulla tastiera, finiscono nel prodotto finale, ovvero il testo pubblicato.
Amo molto queste espressioni, perché riconosco in esse molta umanità. Sono come una scorciatoia, una piccola pausa mentale per riprendere le forze quando si è tutti tesi a cantarle a quei maledetti comunisti boldriniani o a quei disgustosi razzisti nazisti. Tra le espressioni che amo di più c'è senz'altro questa: “Gli italiani sono stanchi”. La amo tanto che mi sorprendo a sorridere ogni volta che la leggo. Mi sembra di vedere l'espressione sul volto di chi la scrive: dopo averci dato la sua opinione – certo tranciante e indignata – egli o ella scende un gradino, per porsi su un tono quasi supplichevole e, a dar la spinta finale alla sua argomentazione, chiama a raccolta il popolo tutto il quale, per quanto “stanco”, saprà bene unire gli sforzi per schiacciare le idee altrui, ovviamente nocive, sbagliate e, in ultima analisi, debilitanti.
Ho l'abitudine di visualizzare ciò che leggo ed è per questo che la lettura, per me, è sempre un'esperienza intensa, vivida, niente affatto mediata. Questo schieramento di “italiani stanchi” lo trovo esilarante: una caricatura raffazzonata del Paese allestita a scopo tendenzioso. Alcuni italiani sono stanchi, certamente, probabilmente addirittura molti lo sono e tantissimi lo saranno per colpa della politica, della crisi, della criminalità e dell'insicurezza tutta. Ma l'uso di questa generalizzazione a sostegno delle proprie idee è un espediente talmente sciocco da fare tenerezza e mettere allegria. Datemi pure dell'antipatriottico: io ogni volta che sento della “stanchezza degli italiani” mi sento rinascere.
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