Alle ore 16,46 dell'11 gennaio 2016, Lawrence M. Krauss, uno scienziato, ha inviato al mondo un tweet così concepito: "La mia precedente indiscrezione circa il Ligo è stata confermata da fonti indipendenti. Restate sintonizzati! Onde gravitazionali potrebbero essere state scoperte!! Eccitante."
Questo è quanto, punti esclamativi compresi. Immediatamente, il mondo della scienza ha rizzato le orecchie. La scoperta delle onde gravitazionali sarebbe in effetti un risultato eccezionale, atteso da anni. Più che di scoperta, si dovrebbe parlare di conferma: l'esistenza di tali onde, l'equivalente di quelle elettromagnetiche per la forza di gravità, è stata ipotizzata da Albert Einstein nella sua teoria della relatività, insieme al concetto di "spaziotempo", ma mai dimostrata direttamente. Se il Ligo, un impianto costruito a bella posta in America sfruttando la tecnologia laser (altro regalo della mente di Einstein), avesse in effetti messo a nudo queste onde, avremmo fatto luce sulla struttura "materiale" della gravità, sul tessuto dell'universo, ovvero su ciò che lega tra loro, a distanze enormi, i corpi celesti. Ovvio che questa possibilità metta in agitazione gli scienziati.
C'è tuttavia una seconda ragione del subbuglio e risiede nel tweet stesso di Krauss. Molto sono chiesti se sia giusto che uno scienziato diffonda quella che per sua stessa ammissione è un'indiscrezione, una voce (rumor, in inglese)? C'è qualcosa di meno scientifico del sentito dire? Si direbbe di no, anche se, probabilmente, bisogna concludere che gli scienziati sono tali solo in laboratorio: fuori sono prigionieri di umane urgenze tanto moderne quanto comuni. Prima fra tutte, quella di spiattellare una notizia (non confermata) sui social.
C'è poco da recriminare. Ai tempi di Newton Twitter non c'era, altrimenti avremmo visto circolare qualcosa di questo genere: "@IsaacNewton: Appena beccato una mela sulla testa. Qui c'è sotto qualcosa. Restate sintonizzati!!"
© RIPRODUZIONE RISERVATA