Stessa differenza

Certi anniversari incominciano a essere allarmanti. Ieri, per esempio, abbiamo scoperto che la televisione ha sessant’anni. In realtà, è la Rai-tv ad avere sessant’anni ma poiché le sue trasmissioni, il tre gennaio 1954, irruppero in un’atmosfera, quella italiana, ancora vergine di onde televisive, possiamo ben dire che le due cose coincidono.

Sessant’anni possono essere tanti ma, dal mio punto di vista, anche drammaticamente pochi visto che cinquanta di essi li ho vissuti personalmente, da testimone - pardon, spettatore - di quanto avveniva e avviene nella cornice del piccolo schermo.

Nel riconoscere alla Rai il merito di aver arricchito la mia esperienza umana con personaggi del calibro di Gegia, Orzowei, Sammy Barbot, Gilda Giuliani e Zed l’uomo robot, devo tuttavia precisare che, anche negli anni precedenti all’arrivo della tv commerciale, essa non deteneva il monopolio assoluto. C’erano infatti le incursioni, limitate ma significative, di tv Koper-Capodistria, di Telemontecarlo - emittente alla quale dobbiamo il contributo speculativo di Awanaghana - e, soprattutto, della Rsi, Radiotelevisione della Svizzera italiana.

A parte le marcate inflessioni e l’uso del dialetto perfino negli “spot”, caratteristiche che ce la rendevano un poco buffa, la Rsi è stata sempre la testimonianza vivente - anzi, trasmittente - che, dopo tutto, era possibile fare una televisione un poco “diversa”. Mentre la Rai sbandava tra le sue oggettive eccellenze e le sue disarmanti sventatezze, la Rsi teneva il timone di una qualità che, nonostante la semplicità e l’austerità del palinsesto, era impossibile disconoscere. Buoni film, “la meteo” che, curiosamente, spesso azzeccava le previsioni, un notiziario che non si perdeva in strazianti contorcimenti politici, e lo sport servito senza imbarazzanti faziosità e orripilanti incompetenze. Dopo tanti anni, sia la Rai sia la Rsi sono cambiate in tutto ma, strano a dirsi, la differenza è rimasta la stessa.

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