Non sono poi moltissimi quelli che si appassionano a ricerche storiche e fanno della rigorosa lettura del passato il loro primario interesse intellettuale. Una volta chiuso il libro di Storia a scuola, insomma, è difficile che lo si riapra nella vita adulta. Capita, la sera, di addormentarsi con il televisore sintonizzato su “La storia siamo noi” ma è difficile accreditare questa circostanza come esempio del nostro interesse accademico. Se invece di Storia si parla di contro-Storia, allora la faccenda prende tutta un’altra piega.
Con contro-Storia, qui, si intendono quelle fantasiose ipotesi che, non di rado, formano la base per romanzi di successo e blockbuster cinematografici: se Hitler avesse vinto la Seconda guerra mondiale, se l’Unione Sovietica avesse annientato gli Stati Uniti a colpi di bombe atomiche, se Mao avesse aperto all’Occidente già nel 1949.
Ipotesi affascinanti, contro-storiche appunto, che consentono a scrittori, sceneggiatori e pseudo-storici, di avventurarsi lungo i sentieri selvaggi della fantasia. Ma come la fantascienza esagera sempre un po’ nell’immaginare il progresso tecnologico - e raramente coglie il segno dell’evoluzione -, anche la fantastoria va sempre sopra le righe. Poco male, se il fine ultimo è quello di divertirci. Qualche problema in più, quando vorrebbe invece suggerire che il cammino dell’umanità è frutto di svolte alla cieca, casualità, bivi infilati a casaccio. Meglio convincersi, credo, che se la Storia è andata come è andata, e andrà come andrà, è perché aveva e avrà le sue buone ragioni per farlo e che gli eventi umani, per quanto a volte imprevedibili, non sono precisamente paragonabili al lancio dei dadi o al gioco del “testa o croce”. Altrimenti, il rischio è pensare che ogni opinione sia verità, ogni speculazione prova, ogni ipotesi certezza, ogni pettegolezzo rivelazione.
In altre parole, il rischio è di trovarsi a vivere nell’Italia del 2014.
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