Roberto Formigoni, governatore della Lombardia, deve aver pensato che la sua partecipazione al concorso "Datemi un microfono e la sparerò grossa" fosse un’occasione da non perdere e così, esprimendosi sul futuro delle Regioni, ha proposto di abolirle per istituire tre "aree": Nord, Centro e Sud.
Chiamarle "aree" invece di "Regioni" cambia poco: quello che Formigoni propone è di suddividere l’Italia in tre fasce di amministrazione decentrata procedendo a "sezionare" la Penisola in senso longitudinale. Il presidente ci perdonerà se troviamo la sua proposta poco originale: le aree Nord, Centro e Sud riflettono una concezione geografica e sociale del Paese modellata su schemi tradizionali e, francamente, obsoleti. Eccoci ancora con i settentrionali "polentoni", i romani che lavorano (anzi, oziano) al ministero e i meridionali "terroni": un balzo indietro nel tempo di quaranta-cinquanta anni.
Molto più interessante, e innovativo, sarebbe procedere a una nuova mappatura amministrativa in senso verticale o meglio, vista la configurazione della Penisola, obliquo: tre Regioni-strisce tracciate da Nord-Ovest a Sud-Est. In questo modo, le carte verrebbero rimescolate del tutto: i vecchi pregiudizi legati ai paralleli non avrebbero più senso e dovremmo maturarne dei nuovi, costruiti sui meridiani. Centri un tempo lontani e contrapposti avrebbero modo di solidarizzare: Venezia verrebbe a trovarsi nella stessa regione di Catania; Trapani e la Val d’Aosta avrebbero un solo prodotto tipico regionale; Milano e Caltanissetta potrebbero sviluppare una comune musica folk.
L’idea è di spiazzare l’Italia, rimescolarle i luoghi comuni e, nel contrapporre campanile a campanile, che siano nuovi campanili contro nuovi campanili. Se non altro, l’Italia a strisce ci farà fare quattro risate. Ma a dire il vero ci era riuscito anche Formigoni.
Chiamarle "aree" invece di "Regioni" cambia poco: quello che Formigoni propone è di suddividere l’Italia in tre fasce di amministrazione decentrata procedendo a "sezionare" la Penisola in senso longitudinale. Il presidente ci perdonerà se troviamo la sua proposta poco originale: le aree Nord, Centro e Sud riflettono una concezione geografica e sociale del Paese modellata su schemi tradizionali e, francamente, obsoleti. Eccoci ancora con i settentrionali "polentoni", i romani che lavorano (anzi, oziano) al ministero e i meridionali "terroni": un balzo indietro nel tempo di quaranta-cinquanta anni.
Molto più interessante, e innovativo, sarebbe procedere a una nuova mappatura amministrativa in senso verticale o meglio, vista la configurazione della Penisola, obliquo: tre Regioni-strisce tracciate da Nord-Ovest a Sud-Est. In questo modo, le carte verrebbero rimescolate del tutto: i vecchi pregiudizi legati ai paralleli non avrebbero più senso e dovremmo maturarne dei nuovi, costruiti sui meridiani. Centri un tempo lontani e contrapposti avrebbero modo di solidarizzare: Venezia verrebbe a trovarsi nella stessa regione di Catania; Trapani e la Val d’Aosta avrebbero un solo prodotto tipico regionale; Milano e Caltanissetta potrebbero sviluppare una comune musica folk.
L’idea è di spiazzare l’Italia, rimescolarle i luoghi comuni e, nel contrapporre campanile a campanile, che siano nuovi campanili contro nuovi campanili. Se non altro, l’Italia a strisce ci farà fare quattro risate. Ma a dire il vero ci era riuscito anche Formigoni.
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