Sussurri e grida

Nel caso foste tra coloro interessati alla vita politica italiana - ci sono abitudini peggiori : c’è chi ama conficcarsi chiodi sotto le unghie e chi, ancora più refrattario al dolore, ascolta i cd della Tatangelo - avrete avuto modo di osservare come l’espressione «spompo», catturata quasi per accidente a una festa del Pd, sia oggi al centro della disfida tra Renzi e Bersani per il controllo del partito. Mi chiedo: davvero vogliamo seguire questa strada? Davvero vogliamo portare al centro dell’attenzione quelle parole che si dicono “a parte”, quelle espressioni pronunciate in confidenza che, non solo nella politica, fanno da contrappunto , da colonna sonora parallela, alla versione ufficiale con la quale tutti noi ci presentiamo al mondo?

Pensandoci bene, immagino non ci sia alternativa: quando un microfono cattura qualcosa, per incidente o meno, è destino che conti il rilievo di quel “qualcosa” e non il fatto che si tratti di una frase rubata, confidenziale, svagata o malandrina. Nonostante ciò non si può fare a meno di pensare a quante frasi analoghe, a quanti commenti a mezza bocca, a quante malignità pronunciate in tralice, siano andate perdute nei millenni. Osservazioni biliose, commenti malevoli, battute di spirito che, se intercettate, annotate e diffuse, chissà, magari avrebbero cambiato il corso della Storia.

Chi può dirlo? Forse, quel giorno, Garibaldi, dopo aver rivolto a Vittorio Emanuele II il suo stentoreo «Obbedisco!» mormorò tra sé e sé, con umanissimo livore, un «razza di bollito» che, fosse giunto a tiro di un cronista, avrebbe di certo inflitto al nostro Risorgimento un colpo capace di deviarne la traiettoria.

Nel 1933 a Norimberga, qualcuno, a commento dei deliri propagandistici di Hitler, avrà magari avuto la tentazione di lasciarsi scappare l’equivalente germanico di un «brutto pirla»: non sarebbe stata certo un’azione riprovevole. Se addirittura se la fosse sentita di gridarlo ai quattro venti, avrebbe potuto perfino salvare l’umanità.

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